JURÍDICO ARGENTINA
Doctrina
Título:La protezione costituzionale dei Diritti Collettivi in Argentina
Autor:López Alfonsín, Marcelo
País:
Argentina
Publicación:Revista Iustitia - Número 1 - Abril 2018
Fecha:18-04-2018 Cita:IJ-CDXCII-770
Índice Citados Ultimos Artículos
I. La protezione costituzionale dell’ambiente in Argentina
II. Il Supremo Tribunale argentino ha dei soggetti in sospeso in quanto riguarda il controllo de costituzionalità e di convenzionalità in materia di diritto del consumo
Notas

La protezione costituzionale dei Diritti Collettivi in Argentina

 Marcelo Albert López Alfonsín
(tradotto dallo spagnolo da Valentina Kachelava)

I. La protezione costituzionale dell’ambiente in Argentina [arriba] 

1. Introduzione. L’ambiente come categoria del diritto costituzionale.

L’ “ambiente” viene inteso come la sistematizzazione di valori diversi, fenomeni e processi tanto naturali quanto sociali che influenzano in un certo tempo e spazio istorico, la vita e lo svillupo di organismi viventi, in una simbiosi di rapporti di scambio tra l’uomo e gli altri essere viventi, degli individui tra di loro, e tra i diversi risorse naturali rinnovabili e non rinnovabili. Cioè, si può definire come “il sistema globale costituito da elementi naturali, artificiali di tipo fisico, chimico o biologico, socioculturali e le loro interazioni, costantementemodificatodalle azione umana oppure naturale, la cui regge e condiziona l’esistenza e lo sviluppo della vita nelle sue molteplici forme”[1].

L’ambiente come un bene giuridico può essere considerato come un bene collettivo e così viene distinto tra il “macro bene”, costituito dall’ambiente globale o sistema ambientale, ed i “micro beni”, che sono le loro parti o elementi che compongono il sistema[2]

Continuando con questa línea di argomentazione, alcuni dottrinari[3] considerano che l’ ambiente possa capirsi tanto in modo restrittivo quanto in modo ampio. Secondo la prima opinione, l’ambiente è composto dall’insieme degli elementi fisici che lo circondano – oppure tra cui si svolge – l’esistenza delle persone. Per tanto, la terra, l’aria, l’acqua, la flora, la fauna e tutti quegli oggetti materiali che sono opera dell’uomo compongono l’ambiente, siano elementi naturali oppure artificiali. Invece, per coloro che considerano l’ambiente nel senso ampio, esso anche comprende le circostanze e le condizioni fisiche, sociali, culturali ed economiche sotto le quale si svolge la vita umana.

La preoccupazione collettiva per l’ambiente è una caratteristica del nostro tempo, la cui è stata trasferita al sistema giuridico. Il diritto tende a rappresentare le preoccupazioni della società, quindi, in quanto riguarda l’argomento ambientale si è raggiunto un livello di sviluppo accelerato. Questo sviluppo fretoloso richiede rivedere il punto di partenza e ciascuna delle pratiche successive nel consolidamento di questo nuovo paradigma.

La conservazione della natura, è uno dei principali conflitti che attualmente colpisce tutta l'umanità. All’inizio degli anni 70, viene presentata una relazione importante sui limiti della crescita preparata sotto l'auspici del cosiddetto "Club di Roma". Questa entità si trova costituita da un gruppo di personalità del mondo scientifico, economico e industriale, loro si sono uniti dauninteresse comuneper la minacciacrescenteimplicitanei fenomenidel nostro tempoper l'evoluzionedell'esistenza umana. Essi hanno incaricato ad ungruppo di ricercadel MITInstitute ofTechnology--Massachussets l’elaborazione di undocumentosui problemidell'ambiente erisorse energetici.

Questo lavoro fu realizzato sulla base della dinamica dei sistemi di Forrester Jay W., il cui prendeva in considerazione cinque parametri o sottosistemi: 1) crescita della popolazione, 2) crescita dell’industria, 3) risorse naturali, 4) produzione alimentare e 5) inquinamento dell’ambiente. Secondo questa ricerca, a continuarel'attuale sistema dicrescita economica, una catastrofeglobale potrebbeavvenire verso la metà del XXI secolo. Quindi, l’investigazione fini con la raccomandazione di fermarsi in modo subito con questo ritmo di crescita, e sostenendo la “crescita zero” (“zero growth”). In questo contesto appare la preoccupazione sull’argomento ecologico, sotto larisurrezione della vecchia e anche interrogata “Ley de Malthus”. L’ Assemblea Generale delle Nazione Unite - ONU - convoca ad una Conferenza Internazionale sull’ Ambiente Umano, la quale si è fatta a Stoccolma (Svezia) nel mese di giugno 1972. Nella sua dichiarazione finale, per la prima volta si fa riconoscenza al diritto all’ambiente salubre come un diritto umano. Nel suddetto documento inoltre viene promossa la creazione del Programma delle Nazione Unite per l’Ambiente (UNDP)[4].

Nel 1975 viene pubblicato un secondo informe del “Club di Roma”, a seguito di una ricerca indirizzata dai scienziati iugoslavi Pestel y Mesarovic, i cui non essendo tanti pesimisti convalidavano le principali conclusioni del primo. Con lo scopo di evitare il disastro si difendeva un quadro internazionale di cooperazione il cui pianificasse a lungo termine l’utilizzo dei risorse naturali secondo un’etica sulla crescita economica limitata e organica.

Un anno dopo, nel 1976, si fa conoscere il terzo documento del “Club di Roma” nel quale un gruppo di scienziati coordinati in quell’opportunità dal Premio Nobel di Econommia Tinbersen Jan, avvertivano che risultava imprescindibile un nuovo ordinamento internazionale che garantisca la fine delle grandi desiguaglianza tra i paesi ed un sistema di pianificazione generale dell’utilizzo dei risorse naturali.

Nel 1982 la Assemblea Generale dell’ONU approva un documento denominato “Lettera della Terra”, attraverso un provvedimento di quella si stabilisce la creazione della Commissione Mondiale sull’Ambiente e lo Sviluppo (WCED), e gliele richiede in un termine di cinque anni l’ elaborazione di un documento sulla situazione ambientale a livelo mondiale.

Nel 1987 la chiamata “Commissione Brutland”[5]” pubblico un documento nominato “Il futuro di tutti noi”, in cui si raccomandava l’ elaborazione di una nuova lettera o dichiarazione universale sulla protezione ambientale e lo sviluppo sostenibile. Senza dubio, l’antecedente piu importante nella storia del dibatito internazionale sull’ ambiente e lo sviluppo, si trova nella “Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo – Vertice della Terra di Río de Janeiro,1992”, in cui si consolida un nuovo concetto per armonizare il rapporto: lo sviluppo sostenibile.

In questo contesto, se inizia nel nostro paese il processo di constitucionalizzazione del diritto ambientale. Soltanto dopo aver stabilito - dalla prospettiva costituzionale - le basi, la portata e la fine del medesimo, si sarà in grado di abbordare la questione ambientale nel nuovo Codice Civile, per tanto dovrà farsi attenzione nel quadro delle competenze che vengono stabilite nel nostro sistema federale, in cui convivono delle norme di fondo o sostantive con quelle di procedura e le leggi speciali di pressupposti minimi di protezione ambientale, secondo il mandato constituiente dell’anno 1994. [N. de T. Diritto di fondo o sostantivo è quello riservato al Congresso Nazionale ai sensi del Capitolo Quarto della Costituzione Nazionale. Sono compiti del Congresso. “Articolo 75) comma 12: Dettare i Codici Civile, del Commercio, Penale, delle Attività Minerarie, del Lavoro e della Previdenza Sociale, in corpi unificati o separati, senza che detti codici modifichino le giurisdizioni locali; l’applicazione dei codici compete ai tribunali federali o provinciali, a seconda che le cose o le persone ricadano sotto le rispettive giurisdizioni e, in particolare, dettare le leggi generali per tutta la Nazione….”] Comunque, corrisponde chiarire che ogni volta che il diritto ad un ambiente salubre e parte della terza generazione dei deritti umani –diritti collettivi- si considera rilevante fare la concettualizzazioni di questi, al fine di determinare in modo chiaro le sue caratteristiche.

2. Il processo di costituzionalizzazione dei diritti colletivi.

La nuova dimmensione della democracia participativa, in cui il rapporto tra l’uomo e il suo intorno ha ampliato lo spettro della protezione alla vita e ai suoi beni essenziali, produce una categoría guiridica che ha scopiato una polemica tra gli amministrativisti e i processualisti, ma che in conclusione, ha la protezione costituzionale: i cosiddetti “interesi diffusi o collettivi”.

Gli amministrativisti li squalificavano, li restavano tutta protezione giuridica, per non trovare un posto nella clasica trilogia de Jellinek: “diritto soggettivo – interese legittimo – interesse semplice”.Effettivamente, gli interesi diffusi non ci sono in testa di un soggetto preciso, ma si trovano sparsi tra i tutti gli integranti di una comunità. Di fronte a questa circostanza, i processualisti insistevano nella necessità di proteggere la lesione ambientale con una azione di amparo collettivo che possa essere esercitata legittimamente da qualunque abitante, cosi come determina le legislazioni in tantissimi paesi.

La grande espansione e la evidenziata complessità dei raporti sociale ed economici attuali hanno provocato una amplia gamma di nuove manifestazioni, alcune di tipo negativo, che man mano lesionano oppure minacciano degli interessi fondamentali dell’individuo, o comprometono dei bieni del patrimonio comune, o legittimi interessi di certe categorie sociali. In tutti i casi, la sua precisa caratterizzazione si rende difficile giacchè appartengono ad una serie non dettagliata di persone, oppure sono molto difficile o impossibile determinare e inoltre non si trovano necessariamente uniti da un vincolo giuridico previo e concordato.

Morello, Hitters y Berizonce[6] agruppano basicamente a questi interessi – senza la pretesa di esaurire la sua elencazione - in tre categorie:

1) Quelli vincolati con la ecologia e la protezione dell’ambiente;

2) Quelli vincolati con la difesa del consumatore e;

3) Quelli che fanno riferimento ai valori spirituali e culturali.

Dicono certamente che gli interessi diffusi riposano nella nozione di solietarietà sociale, e cosi provocano l’unione degli individui con lo scopo della difesa, senza scartare l’unione gruppale spontanea u occasionale e facendo valere i propri diritti di affettazione che soffrono come membri della società o come titolari di un interesse non individuale o determinato, bensi diffuso, pero legato alla sua sfera di sviluppo vitale ed alla sua libertà.

In questo senso, Mairal Héctor A[7]. ricordava che le teorie giuridiche si costruiscono sulla base delle istituzioni esistenti e che si devono addatare a esse e non alla rovescia, quindi, l’interrogante non sarà che grado di protezione giuridica corrisponde ad una certa idea di diritto soggettivo, come se quell’idea fosse un dato preso dalla natura delle cose e indipendente dell’ interprete. La domanda per tanto è qual’è la nozione di diritto soggettivo che va d’accordo in modo con il grado di protezione giuridica che si considera, in questo momento e per la nostra società, fatta dal punto di vista assiologico.

I diritti umani di terza generazione sono stati riconosciuti con il senso di correggere le gravi ingiustizie che soffre l’Umanità. La dottrina li ha denominato “diritti collettivi”, giacchè i benefici che derivano di essi coprono tutta la collettività e non solo ai singoli individui, inoltre li a nominati “diritti della solidarietà” per essere stati creati per i popoli, gruppi social e singoli. Finalmente, un altro settore ha preferito nominarli “diritti dell’umanità” perchè il suo oggetto sono i beni giuridici che appartengono al genero umano, non soltanto alle generazione presenti anche a quelle avvenente. La riforma costituzionale dell’anno 1994 ha introdotto nel diritto argentino con la maggiore gerarchia legislativa, i chiamati “diritti collettivi”, entro il capitolo secondo della parte dogmatica della Legge Suprema, nominato “Nuovi diritti e garanzie”. Con questa denominazione si incorporano anche nel nuovo Codice Civile. L’ articolo 240 stabilisce dei limiti all’esercizio dei diritti individuali sui beni disponibili che "devono essere compatibili con i diritti collettivi" (...) "non devono riguardare il funzionamento nè la sostenibilità degli ecosistemi, la flora, la fauna, la biodiversità, l’acqua, i valori culturali, il paessagio, tra altri, secondo i criteri previsti nella legge speciale. Così, la norma dispone che l’esercizio dei diritti individuali sui beni propri deve essere armonico con i diritti collettivi.

Questo passo fondamentale nella costituzionalizzazione dei diritti della terza generazione o della soliedarietà - circa la metà del decenio di 1970 - si è fatto in perfetto accordo con la riconoscenza da parte del diritto comparato della trascendenza della tematica ambientale. Effettivamente, negli ultimi anni la grande maggioranza delle leggi fondamentali tanto a livello nazionale quanto nel diritto comparato hanno datto espressa gerarchia constituzionale a questa moderna categoria giudirica anche chiamata secondo Quiroga Lavié Humberto “diritti pubblici soggettivi”.

Il diritto a godere di un ambiente salubre che insieme al diritto allo sviluppo, alla pace, alla libera determinazione dei popoli, al patrimonio comune dell’umanità, e anche il cosiddetto da qualche autore “megadiritto umano allo sviluppo sostenibile”[8], costituiscono la pleiadi di diritti umani di terza generazione che attraversa e colpisce tutto lo spettro giuridico, creando una nuova idea político-filosofica: lo Stato Sociale, Economico ed Ambientale di Diritto.

E 'importante delimitare l’estensione dei diritti collettivi. Essi esistono quando un gruppo più o meno determinato di persone protagonizano alla testa di ciascuno dei suoi membri, rapporti con i terzi che gli generano danni vincolati ad un oggetto non suscettibile di appropriazione esclusiva, o in quanto riguarda i rapporti con i diversi beni suscettibile di appropriazione esclusiva, pero qualitativamente identici[9].

Insomma, l’incidenza collettiva c’è strettamente vincolata con il grado di danno, per quanto in questi supposti il danno colpisce ad una pluralità di persone, cioè, si trata di un danno “trasindividuale”. La titularità dei diritti collettivi, soggettivamente non cade su un singolo individuo, per il contratio appartiene ad un collettivo di persone. Non si trata di un gruppo determinato di soggetti bensi, di un gruppo di difficoltosa o impossibile individualizzazione, in cui i loro integranti sono vincolati da un rapporto giuridico specifico. Ogniuno sarà titolare del diritto in una specie di “quota parte”; in altre parole, si tratta di un bene indivisibile e non frazionabile per tanto aggiudicabile in quote a oginiuno dei loro titolari.

Prendere come punto di partenza la terminologia “diritti collettivi” permette affermare che questi sono diritti fondamentali[10], e quindi si può affermare 1) che esistono dei diritti fondamentali soggettivi così come anche dei diritti fondamentali collettivi; 2) che i diritti collettivi devono avere un elemento che li costituisca e li determine ; 3) che queste prerrogative non sono sinonimo di un collettivismo che abbatta con i tradizionali diritti soggettivi; 4) che non risultano equiparabili alle obbligazioni costituzionali che sono composte dalle politiche dipendienti della descrezionalità dello Stato; 5) che è stata già superata la antica trilogia “diritto soggettivo-interesse legittimo-interesse semplice”, così come la sua corrispondente gama di tutela giudiziaria e amministrativa 6) che possono esistere conflitti tra i diritti soggettivi e i diritti collettivi, oppure, tra quelli vero e proprio collettivi che si resolveranno nella “dimmensione del peso”[11].

3. La costituzionalizzazione dell’ambiente.

Prendendo come punto di partenza la questione ambientale, gli ordinamenti giuridici hanno provato di regolamentarla da diversi aspetti. Come se ha segnato prima, la Repubblica Argentina nella sua riforma costituzionale dell’anno 1994 ha incorporato una clausola ambientale. La propria Legge Suprema ha definito una certa situazione giuridica in modo che si possa fare identificabile o discernibile per l’interprete che alla sua volta ha contemplato -o non ha escluso - la considerazione di questa come un diritto, a decorrere dall'entrata in vigore della norma che lo enuncia: la propria Costituzione. Di conseguenza, il diritto che antecede la legge no potrà essere snaturalizzato da questa, senza cadere entro un’ incostituzzionalità, ogni volta che significa rompere il suo nucleo esenziale.[12]. 

Senza dubbio, la costituzionalizzazione dell’ ambiente è prodotto di un processo di culturalizzazione, cioè, la riconoscenza dei valori rilevanti della società in modo tale che possano essere proggettati dagli organi dello Stato come politiche e piani dell’ amministrazione, oltre a garantire la sua riconscenza come diritto e come corollario, la loro protezione. E stato un nuovo passo, la conquista dei nominati “diritti di terza generazione”, in un’operazione che non sia differente in sostanza di quello che era sucesso tempo fa con l’ accoglienza dei diritti sociali[13].

La propria definizione dell’ambiente cha già abbiamo segnato ha evoluzionato fino ai diversi contenuti a cominciare dal sistema di rapporti tra l’uomo, la società e la natura. Le strette vincolazione tra questi elementi è, a un punto tale interdipendente che, come afferma Gallopin[14],“l’insieme dei rapporti umani incidono sul sistema ecologico naturale e l’insieme degli effetti ecologici generati nella natura incidono sul sistema sociale”.

Cosi confermiamo: il diritto all’ambiente salubre è un diritto umano fondamentale[15]. Mette in evidenza Ferrajoli[16] che da una definizione formale o strutturale, i diritti fondamentali sono quelli diritti soggettivi che corrispondono universalmente a tutti gli esseri umani in quanto dotati del status di persone, di cittadini o individui con capacità di agire, considerando il diritto soggettivo come qualsiasi aspettativa positiva –di prestazioni - o negativa –di non subire lesioni- attribuita ad un soggetto da una norma giuridica, e si considera status la condizione di soggetto, prevista anche da una norma giuridica positiva, questo come presupposto della sua idoneità per essere titolare di situazioni giuridiche e/o autore degli atti che sono esercizio di esse.

Riguardo a questo, la Dichiarazione di Stoccolma dell’anno 1972 della Conferenza delle Nazione Unite sull’Ambiente Umano dichiarava che: “(…) l’uomo ha il diritto fondamentale alla libertà ed all’uguaglianza, entro le condizioni di vita soddisfacenti, in un ambiente la cui qualità gli permetta di vivere in dignità e benessere. Comunque, ha il dovere fondamentale di protteggere e di migliorare l’ambiente per le generazioni presente e le generazioni future”.

L’idea del diritto ad un ambiente salubre come un diritto –dovere è stata accolsa nella prima parte dell’artículo 41, dai qualificazioni “sano e equilibrato”, oltre nel compromesso intergenerazionale della sua preservazione[17]. Il costituiente dell’anno 1994 ha previsto in modo espresso due carateristiche che devono essere esigite all’ambiente: la sanità e l’equilibrio. La prima qualità accompagna dai suoi origini alla corrente ecologista. La parola “sano” non c’è in modo esclusivo legata alla preservazione e al non inquinamento degli elementi che compongono l’ambiente. Nel senso contrario, il concetto viene usato in un senso più compresso, così come sorge dei debatiti della Convenzione Costiuiente. In effetto, questo dover si estende a che gli ambiti costruiti dagli uomini compiano certe requisiti minimi di benessere. In quanto riguarda la seconda qualità, bisogna sottolineare che non si tratta di una nozione che fa riferimento all’ equilibrio naturale dell’ambiente. Quello che si vuole garantire è l’ equilibrio degli ambienti trasformati dall’uomo, per tanto questo significa che le modifiche che si producano sul medessimo dovranno farsi in condizioni accetabili, equivalente a quelle che risultino della propria attività dell’uomo.[18].

In quanto riguarda la proclama dell’ ambiente nella Legge Fondamentale come un diritto-dovere, si deve segnare che il disegno costituzionale classico del demoliberalismo si caratteriza in modo principale per l’organizzazione del potere diviso e limitato, oltre alle dichiarazioni dei diritti. Quello spiega perchè nelle costituzioni sancite sotto questa corrente, si trova assente il fattore coattivo. Si può vedere come esempio la nostra Costituzione storica, che sebenne contempla diversi delitti, tali come quello dell’articolo 29 e il vecchio artículo 103 –attuale articolo 119-, in tutto ciò che fa riferimento alle sanzioni fa remissione alla legislazione regolamentare .

Per ciò, neanche risulta abituale avvertire nei testi costituzionali doveri positivi, sebbene possono nominarsi come un’eccesione l’obbligo di tutti i cittadini di armarsi in diffesa della patria e della Costituzione –artículo 21-. Questo perchè l’obiettivo finale del costituzionalismo demoliberal del secolo XIX era quello di garantire la libertà degli abitanti, quello che risultava passibile da riaggungere attraverso le dichiarazioni e la riconoscenza dei diritti che funzionavano come restrizioni al potere statale. Così, la struttura della Costituzione veniva definita chiaramente dalla divisione del potere e dalla dichiarazione dei diritti. 

La riforma costituzionale dell’anno 1994 si allontana di questa tradizione e incorpora dei doveri costituzionali. Quindi, essi dovevano aggiungersi agli obbligazioni esplicite che si trovavano stabilite come l'altro lato della medaglia dei diritti riconsciuti nel testo precedente. Specificamente in materia ambientale si è disposto che tutti gli abitanti della Nazione hanno il dovere di preservare l’ambiente, sano, equilibrato e idatto per lo sviluppo umano.

In questo senso è preciso determinare si quest’incorporazione di doveri costituzionali significa un cambiamento di prospettiva in quanto riguarda la difesa dei diritti umani. Viene difficoltoso rispondere a questo interrogante avendo conto soltanto delle norme sancite nell’anno 1994. Nonostante occore ricordare che c’è in esse una possibilità di sviluppo legislativo che non si esaurisce con le leggi costituzionali u organiche complementare della riforma, bensì la limitazione della portata dei diritti e delle garanzie stabilite dalle norme reglamentari, così come la giurisprudenza che sorge del Supremo Tribunale della Nazione per contribuire a rafforzare il contenuto obbligazionale della riforma, al fine di garantire il funzionamento reale dei diritti dichiarati. In particolare, la nuova prospettiva dipenderà di un cambiamento di paradigma sociale, in cui venga privilegiata la responsabilità intesa come l’abilità per rispondere nei confronti dei terzi, con gli attegiamenti di “fare” e di non fare ”. Senza dubbio si tratta di una’importante sfida per questo secolo in materia dei diritti umani, vincolati con l’abilità delle democrazie per trasformare le norme dichiarative in diritti effettivamenti operativi[19].

In altro ordine delle idee, e trascendentale nominare che la nozione di “sviluppo sostenibile” è stata inclusa nel linguaggio del diritto internazionale nella Conferenza delle Nazione Unite su Ambiente e lo Sviluppo, Río de Janeiro - 1992 – nella frase: “(...) le atività produtive che provvedono al soddisfamento dei bisogni delle generazioni presenti senza compromettere la possibilità di soddisfamento dei bisogni di quelle future (...)”.

Nulla ostando, la novità piu importante della claosola costituzionale viene introdotta dall’espressione “idoneo per lo sviluppo ”. La Costituzione Argentina è la prima nel mondo che accoglie questo novissimo termine, coerente con la moderna e progressista visione degli informi del Programma delle Nazione Unite per lo Sviluppo –UNDP- elaborati sin dal 1990. Cioè, lo sviluppo umano è il proprio e vero paradigma costituzionale ambientale[20].

Un’ altra particolarità rilevante è l’inclusione del danno ambientale entro il testo costituzionale. Espressamente, l’ultima parte del primo paragrafo determina che il danno ambientale comporterà prioritariamente l’obbligo di “ricomporre”, cioè una volta prodotto il danno aparirà il dovere di ristrutturazzione, di riparazione, quello significa che le cose dovranno ritornare allo stato precedente in cui si trovavano, sempre che questo risulte possibile. In nessun modo vuol dire escludere la riparazione del danno causato. Nello stesso senso la Legge Generale dell’Ambiente[21] all’inizio esige ricomporre, nonostante puntualizzare che se non fosse tecnicamente fattible, si applicherà un’indennizazione sostitutiva, determinata dalla giustizia ordinaria e versata nel Fondo di Compenzazione Ambientale creato dalla stessa norma.

In un primo approccio, il cui verrà ampiato piu avanti, si puo affermare che il danno ambientale si mette in relazione con il principio organizativo del sistema ambientale ed esiste quando quel danno è idonea da colpire sulla vita. Per tanto, non si può identificare il danno ambientale con qualsiasi lesione ad un risorse ambientale. In modo generico danno all’ambiente è tutta disfunzione ambientale la cui si traduce in una lesione o diminuzione al diritto collettivo affinchè non venga modificata in modo nocivo la qualità di vita o l’equilibrio ambientale.

Si trata di una nuova idea del danno, per quanto la normativa che si applica alla riparazione dei danni ocasionati sui diritti soggettivi non risulta eficace. Acettato e adottato questo stándar, devonno pronunciare i mezzi idonei per ottenere - entro i limiti razionali e compatibili con gli interessi compromessi – il cesse dei processi che portano in sè il pericolo di generare un danno, agli effetti di far fallire la minaccia dei danni che potenzialmente implicano.

Secondo quello esposto, possono distinguersi in quest’istanza di prefazione della questione due tipi di danni ambientali: 1) il danno alla persona, in cui le disfunzioni ambientali si possono tradurre in un danno a un “micro-bene” che costituisce il patrimonio di una persona oppure un danno alla sua salute, e 2) il danno all’ambiente nel senso rigoroso, in cui le difunzioni ambientali possono produrre una lesione all’ambiente come “macro-bene”, senza che ci sia un danno immediato alle persone determinate o al loro patrimonio. C’è un danno all’ambiente, come bene giuridico autonomo, senza scansare che il destinatario finale della tutela è la persona umana, giacchè il diritto all’ambiente salubre comprende – come già l’abbiamo sottolineato - l’ elenco dei diritti umani fondamentali.

Facendo attenzione alla classificazione dei danni in quelli diretti e quegli indiretti, si può segnare che c’è un danno ambiental diretto, quello costituito da qualsiasi tipo di degradazione fisica, chimica o biologica rilevante dell’ambiente, questo non deve confondersi con la lesione ai beni singoli. Comprende il deterioro all’intorno o abitat, i danno al paessaggio, e il danno al patrimonio culturale. Si trata del danno al bene collettivo, non resarcibile nell’idea tradizionale, pero nell’attualità indennizabile, per i membri della comunità. In quel supposto, c’è una protezione immediata all’ambiente. Dalla sua parte, il danno si produce sulla persona e il suo patrimonio. Si trata così di una protezione mediata sull’ ambiente nel senso più rigoroso.

In altre parole, quando si provoca un danno di solito si sta davanti ad un supposto di singola responsabilità prodotta da uno o molti soggetti individualizzati, o per cose che appartengono a una o molte persone anche determinate. Tuttavia, in materia di danni ambientali possono accadere che il soggetto che lo porta a termine non sia individualizzato tra gli integranti di un grupo di possibili responsabili. In questo caso, si devono considerare due situazioni: 1) un autore indeterminato entro un gruppo determinato e 2) un autore indeterminato entro un gruppo indeterminato. Nella questione ambientale, risulta necessario fare una distinzione scondo il tipo di responsabilità: se la causa del danno è individuale sebbene sconosciuta oppure se il danno viene causato collettivamente – essendo la causa del medesimo gruppale l-, si tratta dei danni collettivi. Tuttavia, qualunque sia l’origine di questi danni, è vero che possono essere subiti da qualche singoli individui, dalla collettività o da entrambi in modo congiunto[22].

Non si può lasciare di notareche quandosono feritio minacciatii diritti collettivi, la tutela giudiziale effettiva nonpuò essere trovata inunprocesso individualeclassico. Lo status di"collettivi"è ilpunto di svoltachemodifichino sostanzialmente le figure procedurali, rivelando una nuova realtàgiuridica basatasul fenomenodel trasindividuale.

Una protezione eficace di questa tipologia del diritto porta con sè l’incorporazione dei processi con lo stesso valore, costituendo questi ultimi il meccanismo indispensabile per riconoscere il valore giustizia.

Il compito di implementare un processo collettivo non è semplice perchè il profilo del processo individuale, segnato dal significato, della legittimazzione e l’ estensione del giudicato si trovano profondamente connesse nella visione che sul se stesso si è sviluppato da una prospettiva culturale. Il processo collettivo presenta delle modifiche radicali in quanto riguarda quell’individuale, prima della sua iniziazione -ampiezza in materia di legittimazione -, durante la sua pratica -il numero delle persone che formano parte del gruppo può essere aperto – e dopo che sia dettata la sentenza – raggiunto soggettivo della “res iudicata”-[23]. Questo compito è oggi, dopo 20 anni dalla riforma constituzionale, una materia in sospeso.

Dall’altra parte, il paragrafo secondo dell’articolo 41 stablisce un’obbligazione di amplia portata: quella di provvedere alla protezione di questo diritto da parte delle autorità. In un senso simile, l’articolo 45.2 della Costituzione Spagnola dell’anno 1978 si referisce ai poteri pubblici. Questo significa che il dovere costituzionale recade su tutte le aurtorità pubbliche, tanto dal piano orizzontale – delle competenze – quanto dal piano verticale -delle gerarchie-. Lo Stato si trova obbligato a provedere i mezzi necessari per la protezione dei valori nominati nel precetto costituzionale, cioè dovrà provvedere ad 1) la protezione di questo diritto, 2) l’uso razionale dei risorse naturali, 3) la preservazione del patrimonio naturale e culturale e della diversità biologica e 4) l’informazione e l’ educazione ambientali.

Dalla sua parte, nel terzo paragrafo dell’articolo 41 si riconosce la distribuzione delle competenze tra la Nazione e le provincie in materia leggiferante al fine di introdurre le basi di un vero “federalismo di concertazione”, per quel che si sarebbe già pronunciato la dottrina, argomento che sarà trattato in un altro punto di questo lavoro.

Nel quarto paragrafo della clausola ambientale costituzionale si stablilisce la proibizione di introdurre nel territorio nazionale rifiuti attuale o potencialmente pericolosi e quelli radioattivi. Nonostante, vale chiarire che quella proibizione era già prevista dall’ambito legislativo attraverso la Legge N. 24.051[24] di rifiuti pericolosi, la cui è precedente alla riforma costituzionale, perciò, questo significa un lavoro adizionale di interpretazione che senza dubbio danna l’oggettivo primordiale di quella, che è quello di badare all’essere umano così come al suo intorno ambientale dei pericoli che causano i rifiuti, tanto nell’inmediato quanto nell’avvenire.

Da una prospettiva generale si può dire che il bilancio della costituzionalizzazione dell’ambiente è altamente positivo. Non soltanto per il contenuto del diritto riconosciuto con forza normativa nella Costituzione Nazionale dall’enfoque dei diritti umani, bensi perchè anche aiuta a segnare l’asse della materia costituzionale alle diverse branche del diritto, siano queste pubbliche o private. L’ambiente è in se stesso un oggetto di studio trandisciplinare, ed esige molteplice visioni giuridiche, ma senza perdere la prospettiva globale che deve dare il diritto costituzionale per un’addatta interpretazione giuridica.

La protezione eficace dell’ambiente non dipende in modo esclusivo nè degli aspetti normativi, nè del comportamento dei poteri pubblici, altrimenti, è indispensabile che questa tutela legale sia complementata dall’attivismo giudiziale esecitato alla salvaguardia di tale diritto, dalla descrizione delle politiche pubbliche e finalmente, dall’agire di ogni abitante nel suo ruolo di parte integrante dell’ ambiente.

Alla stessa direzione indica l’orientamento della giurisprudenza del Supremo Tribunale di Giustizia della Nazione. In questo senso nel leading case “Mendoza”[25], il Massimo Tribunale ha sostenuto: "La riconoscenza di status costituzionale del diritto al godimento di un ambiente salubre, così come la esprime e in quanto riguarda l’obbligazione di ricomporre il danno ambientale, non costituye una mera espressione di buoni e desiderabili intenzioni per le generazioni future, che sono condizionate nella loro eficacia ad una potestà discrezionale dei poteri pubblici, federali o provinciali, bensi la precisa e positiva decisione del costituente dell’anno 1994 di elencare e gerarchizare con grado più alto un diritto preesistente".

Insomma, il paradigma costituzionale ambientale prende in conto in modo speciale l’interesse collettivo, a fin di garantire quel singolo. Così, per salvaguardare valori comunitari – comprendendo come bene tuitivo la propria natura- permette di limitare diritti individuali. Perciò, il già nominato articolo 240 del nuovo Codice Civile si trova in perfetta sintonia. E’ valido segnare che in simile senso si è pronunciato il Tribunale Costituzionale spagnolo[26] quando ammette il valore “qualità di vita” e come una derivazione logica di questo, la necessaria tutela dell’ambiente, come criteri di legittimazione per imporre restrizioni al diritto di propietà e altre attività economiche lesivi per i cosiddetti beni costituzionali.

Così, la clausola ambientale constituzionale e il nuovo Codice Civile suppongono un approccio identico per stabilire delle linee guida per l’azione che tendono non soltanto a protteggere e difendere, bensì a migliorare e nel caso che corrisponda a ristaurare l’ambiente. E’ un’idea concreta dell’ interazione dell’uomo con la natura, attraverso il quale si considerano i soggetti storici che operano in un certo mezzo nel cui questi sviluppano la loro personalitá[27]. Questo è il quadro costituzionale in cui devono incrociarsi le norme dello sviluppo infracostituzionale, siano quelle dei presupposti minimi di protezione ambientale oppure la legislazione di procedura o quella di fondo o sostantiva, sempre in concordanza con il paradigma ambientale costituzionale come mandato ai poteri costituiti. [N. de T. Diritto di fondo o sostantivo è quello riservato al Congresso Nazionale ai sensi del Capitolo Quarto della Costituzione Nazionale. Sono compiti del Congresso. “Articolo 75) comma 12: Dettare i Codici Civile, del Commercio, Penale, delle Attività Minerarie, del Lavoro e della Previdenza Sociale, in corpi unificati o separati, senza che detti codici modifichino le giurisdizioni locali; l’applicazione dei codici compete ai tribunali federali o provinciali, a seconda che le cose o le persone ricadano sotto le rispettive giurisdizioni e, in particolare, dettare le leggi generali per tutta la Nazione….”]

4. Lo svillupo costituzionale: i presupposti minimi di protezione ambientale.

La riforma costituzionale dell’anno 1994 ha portato con sè un cambiamento radicale nel federalismo argentino, ogni volta che dopo l’incorporazione del terzo paragrafo del nuovo articolo 41 si produce una modifica trascendentale nello schema del riparto delle competenze in materia ambientale tra la Nazione e le provincie, quello che comprende la distribuzione dei ruoli e delle responsabilità tra le autorità di un regime federale con i diversi ordini gubernamentali.

La delimitazione delle competenze che fa la clausola costituzionale se inquadra in un modelo innovativo, che esige una esegesi dettagliata allo scopo della sua compresione globale. Si trata di un sistema peculiare che porta una nuova forma di distribuzione delle facoltà legislative permettendo l’incorporazione delle norme provinciali “complementare” agli standard minimi che il Congresso della Nazione stabilisce per tutto il territorio nazionale.

In quanto riguarda la materia ambientale estrittamente, il punto nevralgico della questione si trova nel terzo paragrafo dell’articulo 41, che esprime: "Compete alla Nazione dettare norme che contengano i presupposti minimi di tutela e alle province dettare quelle di dettaglio, senza che quelle alterino le giurisizione locali". Queste norme – introdotte dal costituente riformatore come una nuova categoria - dovranno essere interpretate secondo i principi generali applicabili alla divisione delle competenze tra la Nazione e le provincie che sorgono degli articoli 1° e 121 del testo costituzionale.

Continuando questa linea di pensiero, la Nazione ha una competenza de eccezione che risulta di una delegazione espressa, fatta nel proprio favore da parte delle province. Gli Stati locali hanno una competenza generale, conformata da tutte le atribuzioni rimanenti, ossia tutte quelle che non le sono state espressamente riconosciute alla Nazione. Si può aggiungere che anche la Legge Suprema prescrive che la competenza nazionale posede gerarchia costituzionale superiore a quella provinciale, per questo si considera suprema.[28]

Sosteniamo che la visione federale si è ampiata in vari aspetti del nostro diritto sostantivo dal momento dell’ultima riforma costituzionale. Perciò, in principio, le norme dettate dalla Nazione in materia ambientale, non risultavano applicabili nelle giurisdizioni provinciali, tranne che queste adierino espressamente a tale regolamentazione nazionale. Tuttavia, a decorrere dall’anno 1994, il Congresso della Nazione si trova in grado[29] di sancire delle leggi di "presupposti minimi" di applicazione in tutto il territorio del paese, senza adessione delle province.

In questo contesto, il potere che da il costituente al Governo Federale sulla questione ambientale si realizza attraverso la nozione giuridica indeterminata di presupposti di protezione minima". Pertanto, la determinazione accurata del contenuto di tale concetto diventa essenziale, dal momento che è la chiave che permetterà -o non- la competenza normativa federale, e questa determinazione dovrà in modo necessario rispondere a un'interpretazione sistematica del nostro ordinamento dalla prospettiva costituzionale.[30]

La definizione di questo concetto è stata procurata dal legislatore, affermando che: “Si intende per presupposto minimo, stabilito dall'articolo 41 della Costituzione Nazionale, qualsiasi regola che garantisca una tutela ambientale uniforme comune per tutto il paese, e ha l’obbiettivo di imporre delle condizioni necessarie per garantire la tutela dell'ambiente. Nel suo contenuto, è necessario disporre le condizioni necessarie per garantire la dinamica dei sistemi ecologici, mantenere la sua capacità di carica e, in genere, garantire la tutela dell'ambiente e lo sviluppo sostenibile."[31]

Per di più, è importante notare che il Consiglio Federale dell’Ambiente[32] -COFEMA-, composto dalle autorità ambientali provinciali e l'autorità nazionale, ha emesso opinione sulla portata e sui contenuti che devono avere le norme di presupposti minimi di protezione ambientale. Questi devono essere intesi come: "(...) la soglia di base della protezione dell'ambiente che corrisponde essere dettate dalla Nazione e che reggono in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, come strato inderogabile che garantisce ad ogni abitante una tutela ambientale minima oltre il posto in cui ci sia. Comprende i concetti e i principi guida di tutela ambientale e le norme tecniche che fissino i valori per garantire livelli minimi di qualità.

Le regolazione dello sfruttamento e l'uso delle risorse naturali, costituiscono le potestà riservate dalle Province e quindi non delegate alla Nazione.Di conseguenza, l'oggetto delle leggi sui presupposti minimi devono essere quelle di protezione ambientale delle risorse e non quello della gestione, potestà esclusiva delle province ".[33].

Attraverso il precetto costituzionale soltanto si è delegato alla Nazione il potere di dettare delle norme che contengano i presupposti minimi di protezione ambientale[34]. Dal momento che in tutto il resto, le province mantengono il loro potere di emanare regolamenti complementari per la salvaguardia dell'ambiente e anche si riservarono per estendere il piano di tutela previsto dalla normativa federale. Questo perchè, in ogni stato locale ci sono delle particolari esigenze che richiedono soluzioni specifiche. È fondamentale, quindi immettersi nei problemi ambientali e il rapporto tra la Nazione e le province, in particolare per quanto riguarda le questioni della posizione dominante e della giurisdizione federale e locale. A questo punto, la clausola introdotta dalla reforma dell’anno 1994, nel già analizzato terzo paragrafo dell'articolo 41 della Costituzione e l'ultimo paragrafo dell'articolo 124 della Costituzione, per cui si riconosce alle province il “dominio originario" delle risorse naturali nel loro territorio.

A nostro avviso, il potere del Congresso Nazionale di dettare i “presupposti minimi di protezione ambientale" e quelli che corrispondono alle province di sancire le regole "necessarie per rafforzarle” non significa in alcun modo contraddire l'affermazione della "proprietà originaria" da quest'ultima in relazione alle proprie risorse naturali.

Bidart Campos[35] ha detto che il paradigma ambientale costituzionale oggi significa che la regola o le regole - sia attraverso una legislazione quadro oppure delle diverse leggi di regolamentazione per ogni particolare - di presupposti minimi dettate dalla Nazione, sono il livello minimo al quale le provincie restano abilitate a inserire un limite massimale più elevato per integrarle, in virtù del potere di estendere questa tutela dell'ambiente nel loro territorio[36].

Naturalmente, questo non significa che gli Stati locali possano sancire delle regolamentazioni complementari delle leggi nazionali di protezione ambientale sulle questioni che hanno a che fare con le questioni che sono argomento dei codici di fondo, come è il caso del Codice Civile. L’articolo 75, comma 12, - ex articolo 67, comma 11- è molto chiaro su questo punto. Ovviamente questa competenza federale non significa che possa centralizzare la sua giurisdizione in materia ambientale. Soprattutto quando la riforma dell’anno 1994 stabilisce un principio generale di amplia rilevanza e importanza, nelle parole di Sabsay[37], quando assegna alle province il potere di disporre delle loro risorse naturali e dei loro ambienti. L'autore si chiede come i due poteri sono complementari e risponde, "è che il potere di dettare le norme basiche è stato delegato alla Nazione dalle province, purchè ciò non sia uno svuotamento a tale dominio”[38]. Per noi, qui si trova la chiave della questione analizzata.

Risulta necessario ricordare che il costituente riformatore è stato abilitato per poter affrontare tutte le questioni ambientali sotto il titolo di "preservatore dall’ ambiente" ai sensi dell'articolo 3 comma k)[39] della Legge N. 24.309[40], con una limitazione espressa: qualunque sia la portata che avrebbe datto il costituente al contenuto tematico autorizzato, questo dovrebbe essere limitato ad un solo articolo per essere incorporato nel capitolo II Prima parte della Costituzione Nazionale[41]. Occorre far notare questa limitazione precostituente stabilita dal Congresso della Nazione –ai sensi dell'articolo 30 della Legge Fondamentale - in quanto ha svolto un ruolo importante al momento della redazione della clausola ambientale dell’articolo 41, anzi quando quella è il risultato del consenso di 124 iniziative parlamentari presentate dagli 305 elettori convenzionali.

Il testo finale approvato è stato deciso, nella Commissione di Redazione, la cui ha agito come una sorta di "filtro" prima della discussione plenaria di ogni oggetto della Convenzione Costituente[42]. E' stato lì che ci fosse un acceso dibattito tra i sostenitori del progetto che alla fine raccolse il consenso dei membri della commissione originaria e alcuni membri del corpo redattore, che spingevano una modifica all'ex articolo 67, comma 11 della Costituzione Nazionale attuale articolo 75, comma 12, includendo anche tra i poteri del Congresso Nazionale quella di "fare un Codice Ambientale" insieme al resto deldiritto comune.[43] Qui è importante far vedere non solo ciò che dice la Costituzione Nazionale, ma ciò che omette di dire. Infatti, nelle molte delle iniziative presentate di riforma della Costituzione si includeva entro l’argomento già nominato, l’atribuzione del Congresso di "dettare un Codice Ambientale", cioè, aggiungere questo soggetto alla legislazione di base o comune, in modo equivalente ai Codici Civile, del Commercio, Penale, delle Attività Minerarie. A questi quattro corpi erano stati aggiunti nella riforma 1957 quello del Lavoro e della Previdenza Sociale, e nel 1994 si è aggiunto "in corpi unificati o separati", per tanto, l’organo considerava che aveva la facoltà di riformare il precedente Articolo 67, comma 11. Questo tentativo fallì, e il plenario della Convenzione Costituente finalmente sancisce il testo del nuovo articolo 41 e respingendo così la modifica che era stata fondata sotto il tema abilitato come "l'aggiornamento delle competenze legislative".

Al di là della tecnica legislativa scelta, non diversa dal proprio rigore, è evidente la volontà del costituente di 1994 di non includere questo argomento con la stessa portata dei codici di fondo, rafforzando l'interpretazione di "legislazione di base" o "legge quadro" che viene sostenuta.

Quello detto in precedenza è molto importante al momento dell’interpretazione costituzionale, perchè ripetiamo che i testi devono essere valutati tanto per quello che dicono quanto per quello che hanno omesso o si astengono di enunciare. Questo approccio ermeneutico è la chiave per affrontare la prospettiva di sviluppo infracostituzionale dopo la riforma dell’anno 1994. Come si è avvertito, è chiaro che la volontà del legislatore costituzionale è molto più vicina alla "legislazione di base", tipica del diritto costituzionale spagnolo che da una delegazione provinciale dei poteri nel governo federale, quello che ratifica la posizione, - con la quale ci siamo d’accordo - per quanto riguarda il federalismo ambientale prodotta dalla riforma dell’anno 1994 è un "federalismo di concertazione".

In questo senso, il Provvedimento N. 92/2004 del Consiglio Federale per l'Ambiente ha stabilito che qualsiasi interpretazione che si faccia sul contenuto della protezione ambientale debe avere un carattere restrittivo, quello che significa che il suo obbiettivo deve mantenere un rapporto diretto ed specifico con l'obbiettivo di tutela ambientale, senza snaturare le competenze riservati alle province, svuotando di contenuto gli articoli 122 e 124 della Costituzione Nazionale, quest'ultimo forse è il contributo più sostanziale della riforma per rafforzare il federalismo argentino. 

II. Il Supremo Tribunale argentino ha dei soggetti in sospeso in quanto riguarda il controllo de costituzionalità e di convenzionalità in materia di diritto del consumo [arriba] 

1.Introduzione.

Il commento sulla giurisprudenza del Supremo Tribunale della Nazione in materia dei consumatori e degli utenti significa controllare una percezione comune negli operatori giuridici, la cui si trata di un progresso sostantivo negli ultimi 20 anni, e sorprenderci davanti al confronto di quella posizione precedente con i fatti di un bilancio che non ci sembra favorevole nel fondo della questione. Quest’opinione è il risultato della mancanza di trattamento degli argomenti centrali di questa materia: la definizione di uno statuto del consumatore [44] con dei profili propri e la considerazione di questo diritto nuovo come dei “diritti collettivi”, così come sono venuti introdotti nella costituzione nell’anno 1994.[45]

È innegabile che la protezione dei consumatori deviene più forte nell’Argentina con la sua riconoscenza legislativa attraverso la legge N. 24.240[46] di “Difesa del Consumatore” e sopratutto dopo la riforma costituzionale dell’anno 1994 la quale introduce l’articolo 42 della Costituzione Nazionale, dando un ruolo protagonico al movimento della difesa dei consumatori nel fare efettivo questo nuovo diritto in cui, in modo espresso si riconosce la necessaria partecipazione delle associazioni dei consumatori negli enti regolatori dei servizi pubblici, e l’articolo 43 della Suprema Legge, in materia di legittimazione costituzionaleperla tutela collettiva.

L’inclusione di questa norma nella Costituzione Nazionale nell’anno 1994 ha come antecedente, senz’altro, il problema provocato tanto nella dottrina quanto nella giurisprudenza, in quanto riguarda la titolarità per la difesa di questi diritti collettivi. Effettivamenti, contro la resistenza di certo settore a riconoscere la legittimazione attiva di presentare una petizioneai tribunali su questi “interessi” fondatanella classificazionetripartitadelle singoleprerogative (dividise in “diritto soggettivo", "interesse legittimo” ed "intesse semplice”, secondo la classica trilogia di Jellinek), si faceva strada sulla protezione dei diritti oppure interessi “diffusi” (tra l’altro vedere sentenza del Tribunale Amministrativo Federale N. 2,“Kattan, Alberto c/ Potere Essecutivo Nazionale”, 10-5-83, LL 1983-D-576, con nota di Cano Guillermo; CNCivile, Sala K, “Cartañá, Antonio c/ Municipio della Città di Buenos Aires”, 28-2-91, con nota di Bidart Campos, Germán J., ED 142-666 e di Morello Augusto Mario e Stiglitz Gabriel, "Gli interessi diffusi e la tutela giuridicaadeguata.Operatività della tutela collettiva", Dottrina Giudiziaria 1991-II-471; Supremo Tribunale della Nazione "Ekmekdjian, Miguel c/ Sofovich, Gerardo ed altri", 7-7-92, PremessiN. 24 e 25). Per tanto, consideriamo che nell’articolo 43 della Costituzione Nazionale introdotto nell’anno 1994 si è riconosciuta un’azione per protteggere i diritti collettivi, giacchè era stata ammesa prima in qualche pronunciamentogiudiziaroin cui si erano messi in questione gli atti dell’amministrazione che avevano un rapporto con l’ambiente ("Kattan") oppure con valori storici, culturali, scientifici, architettonici e paessagistici della Città di Buenos Aires ("Cartañá"), oppure religiosi della comunità ("Ekmekdjian"). La stessa norma del secondo paragrafo della clausola nominata è stata invocata, con diversi risultati in azioni guidate a mettere in questione una gara pubblicaperla selezione dei progettiper l'installazione diimpianti di trattamentodei rifiutipericolosi ("Schroder, Juan c/ Stato Nazionale", Tribunale Nazionale Amministrativo di Appello, Sala III, 8-9-94, LL 1994-E-449); l’intervento della Commissione Nazionale di Telecomunicazioni ("Consumatori Liberi Coop. Ltda.c. Stato Nazionale", Tribunale Nazionale Amministrativo di Appello, Sala V, 20-10-95, LL 1995-E-469 e Tribunale Supremo, del 7-5-98, LL 1998-C-601), ilriequilibriodelle tariffe del servizio telefonico("PRODELCO c/ Potere Essecutivo Nazionale s/ azione di tutela", Supremo Tribunale della Nazione 7-5-98, ED 177-620 e "ADELCO Legadel Consumatore c/ Stato Nazionale s/ azione di tutela", Tribunale Nazionale Amministrativo di Appello., Sala III, 12-5-98, ED 178-731); le impostesul consumodi energia elettrica ("Associazione dei Grandi Consumatori di Energia Elettrica della Reppublica Argentina -AGUERRA- c/ Provincia di Buenos Aires", Supremo Tribunale della Nazione, 22-4-97, Sentenze 320:690) o alla mutua sanitaria prepagata ("ADECUA c/ Potere Essecutivo Nazionale", Tribunale Amministrativo Federale N. 1, 18-3-99, LL 1999-C-190); e fino ad estendereil periodo di esclusivitàdei licenziatari del Servizio Basico Telefonico Nazionale ed Internazionale senza previa udienza pubblica ("Youssefian Martín c. Stato Nazionale s/ tutela", Tribunale Nazionale Amministrativo di Appello, Sala IV, 23-5-98). Anche, è stato invocato affinchè si completasse la produzione di un vacino contro la febbre emorragica argentina e venga implementata una campagna per ristabilire l’ecosistema ("Viceconte M. c/ Stato Nazionale s/ azione di tutela", Tribunale Nazionale Amministrativo di Appello, Sala IV, 2-6-98), e anche perche venga garantita la participazione dei consumatori nell’ Ente Regulatori dei Servizi Sanitari della Provincia di Santa Fe ("Lega Santafecina della Difesa dell’Utente e del Consumatore c/. Potere Essecutivo", Tribunale Civile e Commerciale di Appello di Rosario, Sala III, 29-3-96, LL 1997-A-188).

Rivediamo quello che noi consideriamodue casiparadigmaticiin materia dicontrollo costituzionale dal Supremo Tribunale della Nazione.

2.A)“Consumatori Liberi” (Supremo Tribunale della Nazione, 07/05/1998, “Consumatori Liberi Coop. Ltda. di Prestazione di Servizi d'Azione Comunitaria”, LL 1998-C-602.)

In questo caso il Supremo Tribunale ha respinto un’azione di tutela, presentata daun'associazione di consumatori, a cui avevaaderito il Difensore del Popolo, contro un decreto del Potere Essecutivo Nazionale il cui ordinava l’intervenzione dell’allora Commissione Nazionale di Telecomunicazioni (CNT). Il respingo dell’azione nella causa è stato fondato sulla base che la parte attrice si era limitata a caratterizare l’intervento disposto dal Potere Essecutivo come un atto lesivo, “senza limitare in quale senso essa incide nei diritti delgi utenti...” (Premessa N. 11). Il Supremo Tribunale ha detto che “di quell’ampiazione costituzionale dei soggetti a cui viene riconosciuta la legittimazione per richiedere l’azione di tutela, non si continua ... l’automatica disposizione di citare in giudizio, senza l’analisi dell’esistenza della questione suscettibile da sollecitarel'esercizio della giurisdizione. L’aggiunto degli interessi generali o “diffusi” alla protezione costituzionale, nulla indebolisce l’esigenza di esporre come tali diritti vengono lesionati da un atto illeggitimo o perchè esiste grave minacciache ciò accada...” (Premesse N. 8 e 9). Anche, il Supremo Tribunale ha spiegato che il danno invocato dovrebbe tratarsi di un danno diferenziato rispetto alla situazione in cui si trovavano gli altri cittadini, non risultanto sufficente l’interesse generale di compiere la Costituzione e le leggi (Premessa N. 10).

2.B) “Prodelco” (Supremo Tribunale della Nazione, 07/05/1998, “Prodelco c/ Potere Essecutivo Nazionale”, LL 1998-C-574)

Il Supremo Tribunale ha revocato una sentenza del Tribunale Nazionale di Appello di Mendoza, la quale aveva fatto luogo ad un’azione di tutela interposta da una deputata nazionale e dall’Associazione Protezione del Consumatore (Prodelco) contro il Decreto 92/97 del Potere Essecutivo Nazionale, il cui aveva modificato la Struttura Generale delle Tariffe del Servizio Basico Telefonico. La sentenza del tribunaled'appello aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’articolo 2 e decretato la sua inaplicabilità nell’ambito delle attuazione di Prodelco e nella giurisdizione territoriale del tribunale. Il Supremo Tribunale ha sostenuto che “nessun principio è piu fondamentali per il compiemento del ruolo appropriatodella magistratura nel nostro sistema di governo che la limitazione costituzionale della giuridizione dei tribunali “federali” a casi concretti o controversi”, in modo tale che “l’esercizio della funzione giurisdizionale ha bisogno che i litiganti dimostrino l’esistenza di un danno di ordine “personale, particolare, concreto e anche oggetto ditrattamento giudiziario’, precauzioniche devono essere esaminaticon particolarerigorequando si cerca di mettere in discussione lacostituzionalità di un attotenuto dauno degli altridue poteri dello Stato” ( Premessa N. 4 ). Dall’altra parte, il Supremo Tribunale ha osservato che la lesione ai diritti dei consumatori invocati da quelli che avevano l’azione di tutela non era di carattere generale, giacchè la stessa norma aveva fatto luogo ai numerosi azioni giudiziaie in cui si perseguiva il mantenimento delnuovo regimein quanto questo risultasse favorevoleasettoriimportantidi popolazioneall'interno del paese (Premessa N. 27). Il Supremo Tribunale ha messo in questione anchel'attribuzione dieffetti "erga omnes” a questo tipo di sentenze, dato che quello significava lasciare da parte gli interessi di quelli che venivano beneficiati dalla norma contestata, che non avevano fatto parte in quelli processi ne erano stati sentiti. Fermo restando di tutto quello detto fino qua, il Supremo Tribunale ha salvaguardato “il diritto di ogni abitante della Nazione, di accorrere all’azione di tutelagiuridizionale quando siano stati lesionati i loro diritti costituzionali in modo che richiedano riparazione – come succedeva se qualcuno che si trova legittimato, dimostrasse un diritto soggettivocolpiti dauna tariffairragionevole …” (Premessa N. 28.).

Questi due casi sembrano essere il principale sviluppo giurisprudenziale in materia di controllo di costituzionalità. Da lí la nostra prima conclusione: comeil movimento ambientalista, il riconoscimento delle associazioni dei consumatori e degli utenti come movimento sociale non è venutodalla manodella sua dichiarazione come soggetti di diritti in modo pieno e forti. E’ daquesta assenzache ci preoccupiamo da segnarealcune linee a sviluppare in una giurisprudenza oggi non consolidata.

In quanto alla sua conformazione, si possono definire le organizzazioni non governative di consumatori come gruppi organizzati che agiscono con criterio independenti, apolitico e senza scopo di lucro[47]. La loro attività e riconosciuta dalla legge e quella viene incamminata pereducare, informare,guidare, proteggere e difendere gli interessi dei consumatori e degli utenti. La loro funzione si può riassumere nell’esigere che si compiano le disposizioni legali, le norme ed i regolamenti che prottegano ai consumatori e agli utenti, e collaborare nella formulazione diproposte tecniche, legislative e di organizzazione tanto del servizio in se stesso quanto dell’attività di controllo.

In questo senso è necessario far conoscere ed anche rafforzare l’organizzazione sociale affinchè i consumatori siano dovutamente rappresentati, affinchè i loro interessi, problemi e proposte ricevano un trattamento adecuato e perchè siano ascoltati nell’eleborazione delle politiche economiche che gli riguardanodirettamenteo indirettamente. E comunque, perchè le asossiazioni siano un’ozione di potere in quanto ai fini che le riguardano, come contrappesoperl’abbandonodel rapportoindividuale di fronte al produttore dei beni i servizi, a volte unico fornitoredel bene cheil consumatore deveobbligatoriamenteacquistare persoddisfare le loro necessità, dalle più elementari fino alle più lussose. Nell’ambito dei servizi pubblici, l’incorporazione di forme di concorrenza nel controllo della società civileattraversole associazioni dei consumatori provano a compensare l'enorme squilibrio che c’è tra gli utentie i fornitori dei servizi, aiutando ad evitare lacooptazionedel relativo ente regolatore.

Riguardo a comedovrebbe essere stabilita questa partecipazione le opinionisono divise Bisogna chiarire che questopunto è decisivo nel carattere operativodella normaperchè in questo modoviene definita lavera influenzao meramentepropagandistica delle associazioni. E 'chiaro chela partecipazionevistacome un diritto, non è un fine in se stessa,si tratta di unmezzo per raggiungerel'effettività di altridiritti che neanche sonofini in se stessi (Ad esempio il diritto alla prestazioneefficiente dei servizi ) che costituiscono gli anelli addizionali necessari per riuscere lo scopo sociale dello Stato, la ciu è soddisfareper il benesseredi tutti i cittadini.

Un altrostrumento dipartecipazione degli utentiche dovrebbe essere notatoè il meccanismodell'udienza pubblicaobbligatorianel caso deiservizi di gas ed energia elettricanell'ambito dei rispettiviquadri normativiper affrontarealcune questionicome variazioni ditariffe, spese, prezzi massimi, abuso di posizione dominante, e così via.

Nei primianni dalla suacostituzionalizzazione, le assoziazioni dei consumatori hanno avuto un ruolo notevoleindiverse situazioni in cui i diritti degli utentisono stativiolati,comeabbiamo esaminatosopra.

Abbiamo già notato[48]cheil più grande contributodella Legge N.24.240 è stato, senza dubbio, il principiodichiarativo enunciato nell'articolo 3 che sancisce il"Principio Pro-Consumatore”prevedendoche:"Le disposizioni della presente leggesono integraticon le normegenerali e specialiapplicabili airapporti giuridicisopradefiniti, in particolare quelle che fanno riferimento alla Difesa della Concorrenza e della Lealtà Commerciale. In caso di dubbio, sarà sempreall'interpretazione piùfavorevole peril consumatore". Questo principio è quello che debe segnare lo statuto del consumatore come consequenza della portata definita dal legislatore al rapporto dal consumo (articolo 1 della Legge N. 24.240, secondo la Legge N. 26.361), il cui debbe essere affermato da un’autentica interpretazione di tutela costituzionale che superi i parametri della relazione civile o commerciale[49]

Di questo principio generale protectorioderivano regole particolari per la loro applicazione come l’irrenunciabilità di diritti ed il principio di indemnnità (il consumatore non deve subire né danni materiali né morali nella relazione di consumo). Le stesse compieno una funzione di supporto della norma, che informano e spingono al legislatore, permettendo riempere i vuoti legislativi ed inducono nell’interpretazione nel senso più favorevole per il consumatore e l’applicazione della legge nello stesso senso.

Crediamo che la consacrazione effettiva dei diritti dei consumatori e degli utenti si trova strettamente vincolata con la garanzia dei diritti fundamentali che fanno alla dignità delle persone, e la riconoscenza di essi debe avere come correlato, l’obbligo da parte dello Stato di garantire la sua validità. Nella parole di Morello Augusto Mario “mentre i cittadini non arrivino ad una conoscenza efficace di quello che il mondo giuridico gli riconosce come diritto e gli domanda come obbligazioni, l'assenza di quello speciale presupposto impedirà loro a sua voltaproteggersida minacce, perturbazioni o violentazioni che quelli diritti - pretesi ma ignorati - possano provare”.

È possibile affermare che le assoziasioni di utenti si sono costituiti negli ultimi anni in portavoceefficacidei cittadininella relazione diconsumo, e che la loro opinione risulta imprescindibile davanti alle decisioni da parte dell’amministrazione che possa colpire i loro interessi, ritenendo questa partecipazionecomeun rafforzamento dei principi democraticidella nostra società che permetta un disegno regulatorio più equo, risultando una maggiore legittimitàed indipendenza nelle decisioni degli enti regulatori di servizi pubblici di uno Stato eficente.

Questo sarà il rafforzamento definitivo del mandatocostituzionaledell’anno 1994, ancora in sospesoinuna giurisprudenza consolidata del nostro Supremo Tribunale.

3.Precedenti legalirilevantiin materia diprocessi collettivi[50].

3.a. “Halabi”.

Segna una svolta nella giurisprudenzaargentina per quanto riguarda a quello che parte della dottrina[51] ha nominato nel nostro paese la consacrazione delle azioni di classe. In questa decisione il Massimo Tribunale si è incaricato di delimitare la natura dei diversi diritti che trovano tutela nella Legge Fondamentale, ed identificare i soggetti legittimati ad azionare nella loro difesa, cosi vengono definite tre categorie: singoli diritti, diritti collettivi che hanno como scopo i beni collettivi e diritti collettivi che riguardano singoli diritti omogeni. In relazione ai diritti sui singoli beni giuridici che trovano base normativa nel primo paragrafo del artículo 43 della Constituzione Nazionale, ha sottolineato chela regola generalein materia di legittimazioneèche i dirittisono esercitatidailoro titolari, quello che non cambia dal semplice fatto che esistano numerose persone coinvolte, ogni volta che in questo caso siamo davanti a un litisconsorcio attivo o passivo derivato dalla pluralità dei soggetti. Questa categoria di diritti – ha detto il Supremo Tribunale- trova posto nella tradizionale azione di tutela, il cui scopoèla protezione dei diritti divisibile, non omogenei ed essa viene caratterizzatadalla ricerca dellariparazione di un danno essenzialmente individuale di ogniuno dei colpiti[52].

La seconda categoría dei diritti è conformata dai diritti collettivi, che vengonno esercitati dal Difesore del Popolo della Nazione, le associazioni che concentrano l’interesse collettivo ed il colpito (articolo 43, secondo paragrafo della Costituzione Nazionale). In questi supposti la petizione debe avere come oggetto la tutela di un bene collettivo indivisibile; si trata dei beni che non hanno come titolari ad una pluralità indeterminata di persone, giacchè como aveva detto il Massimo Tribunale “(…) quello implicarebbe che se si determinasse il soggetto nel processo questo sarebbe il titolare, e quello non è ammisibile. Neanche c’é una comunità nel senso tecnico, giacché quello importerebbe la posibilità di petizionare l’estinsione del regime di cotitularità. Questi beni non appartengono alla singola sfera bensi sociale e non sono divisibili”[53].A sua volta, la pretesa deve essere focalizzata nell’incidenza collettiva del diritto, perche può accadere che la lesione a questi tipi di beni risonisul singolo patrimonio, però in quest’ipotesi l’azione corrisponderebbe al suo titolare giacchè “quando si esercita in modo individuale una pretesa processuale per la prevenzione o ripararazione del danno provocato ad un bene collettivo, viene ottenuta una decisionei cui effetti risonano sull’oggetto della causa che si pretende, pero non c’è un beneficio diretto per l’individuo che ostenta la legittimazione.”[54]. In questi casi, l’attività probatoia c’è direttamente vincolata con il danno sul bene collettivo e non sul patrimonio del richiedente.

Nonostante quello, il Supremo Tribunale, si è incaricato di manifestare che anche provvederà quando, “(... )nonostante si tratti didiritti individuali, ci sia un forte interesse statale nella loro protezione, sia per la loro importanza sociale o in virtù alle particolari caratteristiche dei settori dannati”[55].

Per ultimo, il voto della maggioranza ammette l’esistenza di una terza categoria di diritti: i diritti collettivi che riguardano i singoli interessi omogeni che anche si trovano nello stesso secondo paragrafo dell’articolo 43. Qui –spiega il Supremo Tribunale “(...) non c’é un bene collettivo, giacché vengono lesionati i singoli diritti interamente divisibili. Tuttavia, c’é un fatto, unico oppure continuo, il cui provoca la lesione a tutti quelli e per tanto risultaidentificabile una causa fattica omogenea. Questo dato risulta rilevante dal punto di vista giuridico perchè in tali casi la dimostrazione dei presupposti della pretesa e’ comune a tutti quegli interessi, tranne quello che centra il danno che si subisce. C’é un’omogeneità fattica e normativa che porta a considerare ragionevole la realizzazione di un solo giudizio con gli effetti espansivi della cosa passata in giudicato che in esso venga dettato, tranne in quello che riguarda la prova del danno.[56].

Questa categoria di persone che si trovano davanti ad una stessa situazione di fatto e di diritto è quella che conforma secondo il Supremo Tribunale le azioni di clase. Sebbene abbia riconosciuto la mancanza di regolazione in quanto riguarda le class actions, seguendo frequente giurisprudenza, ha sottolineato che questa situazione non è un ostacolo perchè i giudici prendino le misure che siano necessarie affinchè si riguardino diritti costituzionali.

In questo contesto ha segnato che l’ammisibilità delle azioni di classe dipendono della presenza di tre elementi: 1) l’esistenza di una causa fattica comune, cioè un fatto unico che lesioni ad una pluralità rilevante dei singoli diritti; 2) una pretesa processuale focalizzata nell’aspetto collettivo dei singoli effetti di quel fatto; e 3) la verifica che l’ esercizio individuale non apare plenamente giustificato, vuol dire che il singolo interesse no giustifichi la promozione di una domanda[57].

Non può essere ignorato che i giudici del Supremo Tribunale Petracchi, Argibay e Fayt –in dissidenza parziale – non hanno giustificato l’effeto erga omnes che gli si è impressa alla sentencia nell’azione de clase, per il contrario avevano capito che risultava infondato da soddisfare in modo adeguato il reclamo dell’attore nel limitare la portata della cosa passata in giudicato soltanto alle parti intervinienti nel processo, dato che non esisteva nessuna possibilità di escludere l’attore della portata della legge messa in questione senza che quello significasse non applicare la normativa generale.[58].

3.b. “Cavalieri”.

Dopo il leading case“Halabi”, il Supremo Tribunale si è manifestato un’altra volta sui processi collettivi in questa sentenza. Si deve ricordare che si trattava di una causa iniziata da un utente del servicio sanitario fornito da Swiss Medical, il cui richiedeva attrezzatura di ventilazione meccanica e accesori per dormire in virtù della malatia che subiva. In questa domanda in modo congiunto si è presentata PROCONSUMER allo scopo di chiedere si condannasse la domandata a fornire di quell’ attezzatura a tutti gli utenti che subiscano quella malatia e richiedano cura. Nelle istanze inferiori, si era decisso di espletare la singola pretesa dell’attore Cavalieri, e desestimare quella dedotta dall’associazione di consumatori.

Dalla sua parte, per il Supremo Tribunale il thema decidendum è se l’associazione co attora ha la legittimazione per essere parte in questa causa. Per risolvere quella questione inanzitutto aveva verificato se si trovavano presenti i requisiti di ammisibilità delle azioni colletive che essa stessa aveva spiegato nella causa “Halabi”, ricordando che in questi casi quello che c’era in gioco non erano beni collettivi, bensi venivano lesionati singolidiritti interamente divisibili. Nello stesso senso si esige che esista una causa fattica omogenea, che la pretesa sia basata negli effetti comuni e la constatazione che l’esercizio individuale non apare pienamente giustificato.

Aplicando quella regola aveva deciso di rifiutare la legittimazione attiva dell’associazione e confermare la sentenza precedente senza una speciale imposizione delle spese. Per così decidere, ha sostenuto che nella sorta PROCONSUMER non era riuscito ad dimostrare la presenza di un fatto unico che produca danno ad una pluralità rilevante di soggetti. Su questo punto, si ha detto: “(...) Degli atti del casoe di quello detto dagli attori si vede che il signor Cavalieri aveva richiesto la fornitura dell’impianto nominato, che risultava necessario per la cura di quella malatia che subiva e la domandata Swiss Medical non aveva dato risposta alla sua richiesta. In tali condizioni, non si avverte che la situazione dichiarata nel sub lite provochi un danno ai singoli interessi omogenei che l’associazione possa validamente difendere, non neppure essere rimosso in modo che indicasse l’intenzione della impressa di negare sistematicamente a soddisfare degli argomenti dei suoi utenti simili a quelli del signor Cavalieri”[59].

Ha aggiunto il Supremo Tribunale che neanche c’era il secondo dei requisiti dato che la pretesa c’era indirizzata esclussivamente nelle singole circostanze dell’attore, e non negli effetticomuni di un agire della domanda, che potrebbe estendersi ad un collettivo determinato o determinabile.

Da questi argomenti, ha giudicato che corrispondeva rifiutare la pretesa di PROCONSUMER in tanto l’assosiazione era priva di legittimazione attiva per azionare in questi atti, nonostante aveva deciso che la presente causa doveva continuare la sua pratica, in quanto riguarda l’attore Cavalieri tal come si era risolto nelle istanze inferiori.

Sebbene questa sentenza non aggiunge nessun elemento novedoso vincolato con la procedenza delle azioni di classe, l’importanza di esso si trova nell’applicazione concreta delle regole elaborate dal Supremo Tribunale nel precedente “Halabi”, cioè vuol dire che si ratifica il criterio esposto in quella decisione in quanto riguarda la legittimazione di questo tipo di associazioni nei processi che hanno come oggetto la tutela dei diritti collettivi che si referiscono ai singoli interessi collettivi omogenei.

3.c“PADEC”.

In questa causa il Supremo Tribunale conferma un‘altra volta le regole pretoriane create per la provenienza delle azioni collettivi che hanno come oggetto la tutela dei diritti collettivi in quanto riguarda i singoli diritti omogenei, siano questi patrimoniali o non patrimoniali.

In questo caso, l’asociazione “Prevenzione, Consulenza e Difesa dei Consumatori” (PADEC) ha interposto domanda per la via prevista negli articoli 52, 53 e 54 della Legge N. 24.240, richiedendo che venga dechiarata l’ineficacia delle clausole contenute nel contratto che lega Swiss Medical con i suoi utenti, i cui permetteva alla ditta del servicio sanitario prepagato fare delle modifiche unilateralmente in quato riguarda il valore delle rate mensile. A sua volta, aveva richiesto che si ordinara alla dita lasciare sensa effetto gli aumenti che erano stati disposti.

In primo grado è stata respinta l’azione, in tanto si ha fatto luogo all’eccesione di difetto di leggittimazione attiva per considerare che non c’era in gioco un diritto collettivo. La Sala D del Tribunale di Apello Civile, ha confermato quello deciso dal giudice di grado. Contro quella pronunzia, l’associazione ha inoltrato ricorso straordinario.

Il Supremo Tribunale ha lasciato sensa efetto la sentenza ricorsa, e ha deciso inanzitutto limitare la questione a chiarire se – conforme la norma ad applicarsi - PADEC era legittimata per iniziare la domanda.

A tale fine, ha ricordato le tre categorie dei diritti delimitati in “Halabi”: 1) singoli diritti, 2) diritti collettivi che hanno como scopo i beni collettivi e 3) diritti collettivi che riguardano singoli diritti omogeni. Poi, aveva spiegato che quest‘ultima categoria comprende i diritti personali o patrimoniali derivati dell’affettazione all’ambiente ed alla concorrenza, ai diritti degli utenti e dei consumatori, ai diritti dei soggetti discriminati tra l’altri. In questi casi, può o non avere un bene collettivo coinvolto, tuttavia c’é un fatto, unico o continuo, identificabile come una causa fattica omogenea che fa possibile la realizzazione di una sola causa con gli effetti espansivi della cosa passata in giudicato, tranne in quanto riguarda la prova del danno.

Rispetto al caso concretto, ha segnato il Supremo Tribunale che si trova coinvolto un diritto collettivo che fa riferimento ai singoli interessi omogenei, dato che si mette in questione il contratto tipo suscritto da chi vengono iscritti a Swiss Medical, questo costituisce un fatto unico passibile di fare danno ad una pluralità di soggetti. Dall’altra parte, si fa segnare che la domanda faceva centro negli effetti comuni che il contratto impugnato aveva prodotto per tutti gli iscritti. A sua volta, aveva detto che non risultava ragionevole essigere che ogniuno dei danneggiati iniziara un’azione individuale per la esigua significazione economica del ammontare coinvolto. 

In quanto riguarda legittimazione della parte attora, ha puntualizzato che in virtù di quello disposto dal secondo paragrafo dell’articulo 43 della Constituzione Nazionale un’associazione che ha per fine la difesa dei diritti dei consumatori e degli utenti ha piena capacità per inoltrare la pretesa di questi atti. Quello novedoso era che la domanda è stata incanalata attraverso un processo ordinario, e non attraverso una’azione di tutela regolata nell’articolo 43 della Constituzione Nazionale, nonostante il Supremo Tribunale aveva considerato secondo la sua pacifica dottrina, che questa circostanza in qualche modo impediva di applicare le regole servite nella causa “Halabi”.

Dalla sua parte, la giudice Argibay nel suo voto ha segnato che l’azione descritta in favore delle asociazoni dei consumatore e degli utenti non è l’azione di tutela, per quanto la legittimazione dell’entità per iniziare un processo che diffonda i suoi effetti su un gruppo di persone che non sono parte nella causa sorge dall’articolo 55 della Legge N. 24.240, independentemente dal regime costituzionale dell’azione di tutela, criterio che condividiamo.

3.d“Municipio di Berazategui”.

Questo precedente risulta particolare giacchè ha servito come antecedente immediato all’Ordinanza del Supremo Tribunale 32/14 attraverso la quale si è creato il Registro Pubblico dei Processi Collettivi, in tanto in questa decisione il Supremo Tribunale ha sollevato la necessità di stabilire un registro speciale per questi processi allo scopo di organizzare il suo funzionamento.

I fatti del caso sono stati i seguenti: il Sindaco del Municipio di Berazategui ha promosso un’azione basata sulla Legge N. 24.240 con il fine di tutelare i diritti di tutti gli utenti del servizio di televisióne a cabo del suo distretto, chiedendo gli sia ordinato alla dita fornitora del servizio fatturare secondo quello prescritto dai provvedimenti 50/2010 e 36/2011 della Segreteria di Commercio Interno e obbligandola anche ad astenersi di interrompere o modificare il servizio fino a quando si risolva la questione provocata. Tanto in primo grado quanto nel Tribunale di Apello si ha fatto luogo alla misura cautelare innovativa, nella comprensione che la parte attora aveva legittimazione per promuovere la causa, giacchè la pretesa poteva essere qualificata come un supposto dell’ esercizio dei diritti collettivi che fa riferimento a singoli interessi omogenei.

Su questo punto, il Supremo Tribunale ha enfatizzato che :“(...) in questo caso, sotto l’ apparenza di una pretesa fondata sulla base del rapporto di consumo, la considerazione dell’attore risulta insito in una situazione giuridica propria del diritto amministrativo rispetto alla quale non dovrebbe estendersi, la legittimazione rappresentativa prevista dalla Legge N. 24.240 per l’autorita locale di applicazione (art. 45 e 52)” (Premessa5 del voto della maggioranza). Aggiungendo che il dibatito gira intorno ad una presunta violazione di una norma nazionale che regola una questione di ordine federale, e come tale supera la giurisdizione del comune al fine di garantire la gestione degli interessi locali e, per i quali l'autorità nazionale ha i mezzi legali per far rispettare le sue decisioni in un quadro procedurale in cui la parte convenuta può contare sulle garanzie che rendono l'effettiva tutela dei loro diritti. Conclude quindi che la decisione del tribunale di grado inferiore per quanto riguarda la legittimazione attiva significa un chiaro colpito del dovuto processo.

In un altro filone, aveva avvertito che non si era soppesato in modo adeguato l’incidenza della misura cautelare dettata nella causa “La Capitale Cabo S.p.A. c/ Ministero di Economia” dal Tribunal di Apello di Mar del Plata in cui si mettevano in dibattito delle questione simile, ed è stato ordinato alla Segreteria di Commercio Interno sospendere l'applicazione del provvedimento che in questo caso invocava la parte attrice. Questa situazione aveva fatto che il Supremo Tribunale metta in considerazione gli effetti delle misure cautelari dettate nei processi collettivi in diverse giurisdizioni, con soggetti diversi, ma legate ad una causa comune ed uniforme. Di conseguenza, ed avendo in considerazione la crescita delle cause collettivi che hanno oggetti identici o simili, emessi da diversi tribunali del paese, il dispendio giuridizionale che quel fatto porta con sè il rischio che vengano dettate pronuncie contraddittorie, si è considerata necessaria la creazione di un Registro di Azioni Collettive, in cui vengano iscritti tutti i processi di quella natura che siano inoltrati presso i tribunali del paese.

Infine, ha squalificato la sentenza ricorsa, per considerare che prescindeva con lo standard stabilito nel leading case “Halabi” e, per tanto e stata revocata la misura cautelare messa in questione.

4. Regolamento dei processi collettivi. Aspetti centrali da considerare dal controllo di costituzionalità.

Come si era detto prima, il Supremo Tribunale con la sentenza “Halabi” aveva autorizzato le azioni di clase come meccanismo di controllo di costituzionalità in conformità con determinati requisiti al fine di tutelare i diritti individuali omogenei. L'implementazione di quest’azioni nel nostro ordinamento giuridico apre i canali nuovi e complessi che devono essere oggetto di una regolamentazione legislativa rigorosa[60].

Non si possono negare le difficoltà procedurali evidente che portano con sè delle azioni di clase e, alla fine i processi collettivi in genere. E 'che l’argomento collettivo genera cambiamenti significativi. Certamente si verifica una metamorfosi nei paradigmi tradizionali, generata dall’insufficienza di essi di fornire delle risposte a queste nuove realtà. In origine le procedure erano state concepite come strumenti in grado di offrire soluzioni ai conflitti individuali; oggi questa funzione unica non è sufficiente a soddisfare la problematica più recente, un’attrezzatura cosi interpretata non si adatta ai problema collettivi. In consequenza, questo giro avverte sulla necesità di riconsiderare i doveri dei tre poteri dello Stato, tanto l’essecutivo, quanto il legislativo e il giudiziario[61].

Nonostante, e come si mette in chiaro in questo lavoro, l’unico che si è occupato di stabilire delle paute generali che tendono a desarticolare gli ostacoli che si presentano al momento di iniziare un processo collettivo è stato il Potere Giudiziario, anzi il Supremo Tribunale della Nazione mentre che il Potere Legislativo continua ad essere assente.

Ci sono vari estremi che necesariamente devono essere chiarificati per stabilire un sistema di regolamentazione che salvaguardino i diritti collettivi in modo adeguato, che possono essere sintetizzati nella legittimazione per agire, in cui si dovrà fare particolare attenzione al fine di garantire un'adeguata rappresentanza giacchè altrimenti la garanzia di difesa al proceso verrà diminuita; così come gli effetti della sentenza che sarà pronunciata in questi processi, e qui bisogna porre particolare attenzione per evitare dichiarazioni sui temi analoghi quali sono contraddittori secondo la gravità istituzionale che questa situazione comporta. Esattamente nei processi collettivi l'effetto espansivo di qualche sentenza e l’ampia legittimazione attiva per fare delle azioni, in difesa dell'ordinamento giuridico, colpiscono in modo diretto sui sistemi giuridici, lasciando praticamente senza effetti gli antecedenti che finora gli servivano di base. Si tratta di cambiamenti fondamentali che li allontanano dai parametri tradizionali.

Su questi punti, il Supremo Tribunale ha fornito alcune regole che dovrano essere guardate al momento di sancire una norma specifica.Per quanto riguarda la prima questione, ha segnato nel caso "Halabi" e ha confermato in altre decisioni, che i diritti che trovano sostegno nel nostro sistema costituzionale sono: 1) singoli diritti, 2) diritti collettivi che hanno como scopo i beni collettivi e 3) diritti collettivi che riguardano singoli diritti omogeni, che possono essere patrimoniali e non patrimoniali. Ciò significa che all'interno di questa categoria sono inclusi quelli relativi ai singoli interessi omogenei espliciti, come l'ambiente, la concorrenza, i diritti degli utenti e dei consumatori e i diritti delle vittime di discriminazione. Così come quelli legati ai singoli diritti omogeni patrimoniali – quello che è stato accettato in "PADEC" -e diritti non patrimoniali impliciti nella formula diritti collettivi in generale, e quelli in cui la sua protezione richieda un forte interesse dello Stato, sia a causa della loro importanza sociale oppure dalle particolari caratteristiche dei settori colpiti[62]..

A loro volta, anche sono stati determinati i requisiti per identificare un caso di incidenza collettiva, il quale deve essere inevitabilmente un "caso giudiziario" perchè di non trattarsi di una semplice dichiarazione sulla legalità di una norma determinata, non risulta procedente. In questo senso, si richiede l’adempimento di certi precauzioni: a) una causa fattica comune, b) una pretesa processuale concentrata sugli effetti collettive di quel fatto comune e, c) stabilire che l'esercizio individuale della difesa del diritto non appare pienamente giustificato.

Per quanto riguarda la legittimazione processuale, è fondamentale prendere in considerazione che rispetto alla difesa dei diritti collettivi i soggetti abilitati sono quelli che vengono elencati nel secondo paragrafo dell'articolo 43 della Costituzione: il danneggiato, il Difensore del Popolo della Nazione e le associazioni correlate.

Tuttavia, la questione non è così semplice per quanto riguarda le azioni collettive che hanno come scopo la tutela dei diritti collettivi che si riferiscono ai singoli diritti omogenei, i cui potranno incanalarsi attraverso qualsiasi processo, il Supremo Tribunale ha già avvertito sull'importanza di una legge per determinare, ciò che qui interessa, se la legittimazione corresponde soltanto ad un membro della classe o anche ad enti pubblici u associazioni. Nelle casuse "Cavalieri" e "PADEC" ha avanzato un passo in più su quest’argomento, di fatto, delle conferme di ambedue resulta chiaro che le associazioni hanno legittimazione di agire in questi casi.

Nonostaste, si mette particolare enfasi a segnare nella causa "PADEC" che siccome essa viene inquadrata ai sensi dell'articolo 54 della Legge N. 24.240, si dovrà identificare con precisione il gruppo coinvolto nel caso, sopraintendere l’idoinetà di chi ha assunto la loro rappresentazione che ha mantenuto durante tutto il processo, ed allegare un processo idoneo per garantire l’adeguata notificazione di tutte quelle persone che possano avere un interesse nell’'esito del litigio. Insomma, Il Supremo Tribunale, incarica ai giudici di grado identificare la classe, fare il controllo dell’idoneità del rappresentante di essa ed organizzare un processo che garantisca la notifica della classe precedentemente identificata.Questo ragionamento sta portando ad una parte della dottrina[63] a sostenere che nel nostro sistema legale le azioni di clase sono regolate dalla Legge N. 24.240 e che, ai sensi dell'art 55 le ONG che agiscono nella difesa e la rappresentanza degli utenti e dei consumatori hanno il diritto di portare avanti queste cause. Questo a sua volta, è l'argomento sviluppato dalla giudice Argibay nella causa "PADEC" il cui ci sembra corretto quando si effettua un test di costituzionalità nella sostanza e nella forma.

Ora, fino a questo punto è chiaro che le associazioni che hanno come scopo la difesa dei diritti collettivi che fanno riferimento ai singoli diritti omogenei hanno legittimità, a cui devono essere aggiunti il Difesore del Popolo ed il Ministero Pubblico che, a seguito del loro origine costituzionale (articoli 86 e 120 C.N.) anche sono capaci da iniziare questo tipo di azioni. Tuttavia, resulta impostergabile la sanzione di una legge che contribuisca a chiarire la questione dei lesionati per promuovere queste azioni[64].

Al fine di organizzare il funzionamento delle azioni collettive nei tribunali nazionali, il Supremo Tribunale ha creato il Registro Pubblico di Processi Collettivi, presso i tribunali del Potere Giudiziario della Nazione, in cui venivano scritti tutti i processi collettivi, tanto quelli che avevano come scopo i beni collettivi quanto quelli che promuovevano la tutela dei singoli interessi omogenei, inoltrati in qualsiasi via processuale.

Per quanto riguarda il funzionamento del sistema, si prevede che il giudice in cui sia inoltrata la causa ha l'obbligo di fornire l’informazioni pertinenti, dopo aver dettato il provvedimento attraverso il quale viene ammesa formalmente l’azione collettiva, identifica in modo preciso il gruppo coinvolto, riconosce l'idoneità del rappresentante e stabilisce la procedura per garantire l’adeguata notificazione di tutti coloro che potessero avere un interesse nel risultato del litigio. Dalla sua parte, il responsabile del nominato registro farà la verifica, nel termine di due giorni, l’adempimento di tali requisiti e, se del caso, faccia la dovuta iscrizione, la quale verrà comunicata nel giorno al tribunale della causa ed in modo congiunto vi permetterà di conoscere sull'esistenza o non di altre azioni che abbiano oggetto simile o identico.

Al di là dei precedenti nel diritto americano ci sono anche tentativi simili in varie giurisdizioni locali, ad esempio nell’ambito della Città Autonoma di Buenos Aires: il Tribunale di Apello Amministrativo e Fiscale attraverso l’Accordo Plenario N. 5/05 ha incorporato alcune disposizioni analoghe.

Tra gli obiettivi perseguiti con la creazione di detto registro, si trova uno dei punti di cui sopra si faceva riferimento, questo è di garantire la sicurezza giuridica, garantendo gli effetti espansivi delle sentenze nei processi collettivi. Questo in tanto, il pronunciamento dettato in tali processi deve essere coerente con le pretese fatte nella causa. Il compito di mettere in funzionamento un processo collettivo non è semplice perché il profilo del singolo processo, segnato dal significato della legittimazione e la estensione della cosa passata in giudicato è profondamente radicata nella visione che su se stesso è stato sviluppato da un punto di vista culturale. Il processo collettivo presenta cambiamenti radicali rispetto a quell’individuale, prima dell'apertura - ampiezza in quanto si riferisce alla legittimazione, durante la sua pratica, il numero di persone che fanno parte del gruppo può essere aperto, e dopo aver dettato la sentenza di fondo – raggiunta della "res iudicata".[65].

Quindi ciò che è in questione non è solo un mero impatto negativo della sentenza, cioè l'impossibilità di aprire un nuovo processo sullo stesso, bensi anche una vera funzione positiva di questo,vale a dire il divieto che in un'altra causa venga deciso il contrario di quanto si è già detto nella sentenza[66]..

5. Il diritto del consumo, il controllo di convenzionalità e i principi pro homine, di progressività e non regressività in materia dei diritti umani:

La natura giuridica del diritto dei consumatori e degli utenti è stata oggetto di un'analisi approfondita, giacchè lo spirito della sua comparsa è più grande del quadro proprio del diritto privato. In base a questo, la relazione di consumo non deve essere vista come mero rapporto giuridico tra il fornitore e il consumatore o utente, bensi è un rapporto che si trova trasversalmente attraversata dai beni giuridici o valori rappresentati dai diritti fondamentali delle persone, essendo questo una ragione perchè il suo analisi deva resignificarsi, iscrivendolo nell’ambito del Diritto dei Diritti Umani.

Il consumo è una dimensione essenziale dell’essere umano, che coinvolge i diritti fondamentali che devono essere protetti dallo Stato, e quindi si deva dare al consumo anche una tutela della più alta gerarchia come sono i diritti umani, quelli che anche concordano con le loro caratteristiche[67].

Per potere capire questa prospettiva la cui condividiamo, anzitutto bisogna fare un’indagine sulla propia portatae fondamenta della categoria dei “diritti umani”. Per quello risulta utile la definizione data da Ferrajoli, quando include in questo concetto i "diritti soggettivi che corrispondono universalmente a tutti gli esseri umani dotati dello status di personeo cittadini, con capacità di agire; intesa come diritto soggettivo qualsiasi aspettativa positiva (di consegna) o negativo (da non subire i danni) collegata ad un soggetto da una norma giuridica; e si definisce come status la condizione di un soggetto, anche prevvista da una norma giuridica positiva come presupposto della sua idoneitá per essere titolare delle situazioni e/o autore degli atti che sono esercizi di esse”[68]. Nella sua opera quest’autore anche chiarisce che i diritti umani sono universali, indisponibili, inalienabili, inviolabili, intransigible e personalissimi – facendo un paralelismo differenziale con i diritti patrimoniali, che definisce come disponibili, negoziabili e alienabili. Tuttavia, questa definizione non sarebbe sufficiente se includesse soltanto un certo gruppo di diritti e non permettesse la loro apertura alle nuove realtà sociali. Nelle parole di Prieto Sanchis: "I diritti umani, come categoria etica, culturale e storica, cioè prenormativa –non costiuisce un concetto chiuso e finito della quale possano bere i sistemi positivi, bensi un concetto aperto a diversi concetti e sviluppi, e per tanto non vi è alcuna formulazione canonica, od un modo unico per rispetare le esigenze che derivano da tali diritti ...neancheè possibile intraprendere il compito di comprendere da un punto di vista esterno la storia ".[69]

Quindi, una definizione di che cosa sono i diritti umani, non può mai essere esaustiva nel senso geografico (cioè per qualsiasi parte del mondo), nel senso storico (per sempre), neanche nel senso filosofico e nemeno nel giuridico, giacché - senza ignorare il principio di universalità – l’elaborazione del concetto in sè sarà sempre influenzata dall'ambiente in cui l'autore della definizione si svolge[70].Nel caso che ci occupa, questa estensione del rango dei diritti umani è stata presentata alla fine del XX secolo, dalla nascita dei cosiddetti "diritti di terza generazione". Si tratta di una serie di diritti collettivi che non appartengono solo a particolari individui bensi anche ad un settore della società o anche l'intera società. Si caratterizzano per il dovere di solidarietà e il senso e quello di promuovere relazioni pacifiche e costruttive, al fine di garantire un futuro migliore per le future generazioni.

I diritti che compongono questa generazione si sono progressivamente evoluti per argomenti specifici, soprattutto per l'interconnessione con altri diritti. In particolare, i diritti dei consumatori e degli utenti devono essere considerati come autentici diritti umani dal momento che coinvolgono molti aspetti che rendono direttamente alla dignità della persona, come la vita, la salute, la libertà, l'uguaglianza, ecc[71]. A questi possono essere aggiunti la sicurezza, la libertà di scelta, la tutela degli interessi economici, informazioni adeguate e precise e un trattamento equo e dignitoso.

Pertanto, condividiamo con Tambussi Carlos che il diritto del consumo è senza dubbio un veicolo sociale di protezione generale, legato ai diritti fondamentali della persona umana, inquadrati nel contesto di ciò che chiamiamo diritti umani[72]. Pertanto, si erige come un sistema di norme di fonte costituzionali, con carattere essenzialmente protettorio della parte più debole e vulnerabili; cioè coloro che acquistano o utilizzano beni o servizi per soddisfare le esigenze domestiche, che attraversa tutto l’ordenamento giuridico positivo, mettendo in crisi molti dei suoi paradigmi classici e risignificando molti dei suoi principi, alla luce delle sue norme, principi ed istituzioni quando si verifica l'esistenza di un rapporto di consumo[73].

Ne vale la pena notare la natura protectoria di questa materia, in tanto la situazione di vulnerabilità e debolezza strutturale del consumatore davanti al fornitore è chiara, e creare un diritto mantenendo questa situazione vorrebbe dire, come già ho detto in un’altra opportunità- una certa rottura del principio classico di uguaglianza davanti alla legge secondo l'articolo 16 della Costituzione Nazionale. Il modello adottato si avvicina più al novedoso di uguaglianze di opportunità introdotto dal costituente nell’anno 1994[74]. Pertanto, il nuovo art. 42 stabilisce il dovere delle autorità per assicurare la protezione dei diritti degli utenti e dei consumatori.

Mi soffermo su questo punto più avanti, ma prima di quello desidero riprendere la citazione che ho fatto per quanto riguarda la priorità di alcuni strumenti internazionali sui diritti umani, consacrando il loro rango costituzionale. Sebbene non ci sia alcuna menzione esplicita sui diritti dei consumatori e degli utenti nelle convenzioni internazionali di rango costituzionale[75], queste contribuiscono in modo significativo alla protezione dei consumatori in quanto riconoscono una serie di diritti applicabili a tutta la società, e quindi anche ai consumatori come parte integrante di essa. Non si trata che non ci siano delle regole internazionali concordanti con quello disposto dall'articolo 42 della Costituzione Nazionale, bensi che, per il contrario, l'intero sistema dei diritti umani contribuisce a rendere efficace il contenuto di quella norma[76].

Nella stessa linea di pensiero, Tambussi Carlos, sostiene che sebbene non ci siano i trattati che riguardino direttamente i diritti dei consumatori e degli utenti, la sua appartenenza al quadro dei diritti economici, sociali e culturali è indiscutibile, in tanto fanno riferimento all'esistenza di condizioni di vita e l'accesso ai beni materiali e culturali in termini appropriati alla dignità della famiglia umana e mentre la misura della soddisfazione dei bisogni primari rende la reale possibilità di esercitare gli altri diritti. Quindi, alla classica prova di costituzionalità fatta a livello locale da parte delle autorità nazionali si debe aggiungere il controllo di convenzionalità esercitato dalle organizzazioni internazionali per la tutela dei diritti umani. Questo concetto è sorto nella giurisprudenza dela Corte Interamericana di Diritti Umani, per nominare lo strumento che consente agli Stati realizzano l'obbligo di garantire i diritti umani a livello nazionale attraverso la verifica della conformità delle norme e delle prassi nazionali, con la Convenzione Americana di Diritti Umani e la sua giurisprudenza[77]..

La Corte Interamericana ha espresso la portata di questo controllo come segue: “La Corte è consapevole del fatto che i giudici ed i tribunali nazionali sono soggetti al dominio della legge e, di conseguenza, sono tenuti ad applicare le disposizioni in vigore nel sistema giuridico.Ma quando uno Stato ha ratificato un trattato internazionale come la Convenzione Americana, i suoi giudici, come parte dell'apparato statale, sono anche soggetti ad essoche impone loro di garantire che gli effetti delle disposizioni della Convenzione non si vedano diminuiti dalla applicazione delle leggi contrarie al suo oggetto ed scopo,e che fin dall'inizio sono prive di effetti giuridici. In altre parole, il Potere Giudiziario deve esercitare una sorta di "controllo di convencionalità” tra le norme giuridiche nazionali che si applicano in casi specifici e la Convenzione Americana sui Diritti Umani. In questo compito, il Potere Giudiziario deve tener conto non solo del Trattato, ma anche l'interpretazione che riguardo da parte della Corte Interamericana, interprete finale della Convenzione Americana "[78].

Dunque, tornando al diritto dei consumatori e degli utenti, la Corte Interamericana non ha emesso in modo specifico per quanto riguarda il controllo della convenzionalità. Tuttavia, prendendo in considerazione le precisioni a cui sono arrivato in precedenza questo è un diritto umano come gli altri su cui contenuto quella Corte si è gia manifestata, per tanto tutte le disposizioni sono applicabili. Più di questo, se si vuole circoscrivere il campo, questo diritto può essere incluso nella categoria dei diritti economici, sociali e culturali. E se ciò non bastasse, si deve anche tener conto delle particolarità di questo tipo di diritti, sopratutto il loro carattere protectorio. Di conseguenza, è possibile sottolineare in due dei principi internazionali che si applicano ai diritti dei consumatori e degli utenti e su cui la Corte Interamericana ha esercitato il controllo della convenzionalità.

Il primo di essi è una derivazione del principio di interpretazione pro homine – contenuti negli articoli 29 e 30 della CADH - e si basa sulla natura protettiva del diritto dei consumatori. In questo caso la regola specifica è quella di in dubio pro consumatore che determina che quando una regola sia generale o particolare, possa portare a due o più interpretazioni possibili, l'interprete dovrà privilegiare quella che fosse più favorevole al consumatore nel caso concreto[79].

Sotto lo stesso paradigma, la regola della norma più favorevole stabilisce che se c'è più di una regola applicabile ad una situazione giuridica, si debe scegliere per quella che sia più favorevole al consumatore, a prescindere dalla gerarchia, generalità o specialità, ordine temporaneo od altre classificazioni.[80].

D'altra parte, richiede particolare importanza e applicazione il principio di progressività e di non regressività. In effetti, questo è lo stesso principio, ma che ha una duplice dimensione nel caso dei diritti economici, sociali e culturali.

La prima si riferisce alla faccia positiva, il che significa che, da un lato, il riconoscimento che la piena soddisfazione dei diritti di cui al patto presuppone una certa gradualità; e, dall'altro, l'obbligo dello Stato per migliorare le condizioni per l'esercizio e il godimento dei diritti economici, sociali e culturali[81]. Monica Pinto ha espresso quest’ idea nelle seguenti parole: "Le obbligazioni degli Stati in materia di diritti umani sono quelle di rispettarli e di garantirli, nonché adottare le misure necessarie a tal fine.Questi obblighi sono adattati alla diversa natura dei diritti. Così, in relazione ai diritti economici, sociali e culturali, gli Stati parti nei trattati si compromettono ad adottare le misure necessarie, sia a livello nazionale quanto attraverso la cooperazione tra gli Stati membri, particolarmente quella economica e tecnica, fino al massimo delle risorse disponibili e tenendo conto del loro grado di sviluppo, con lo scopo di riuscire gradualmente e in conformità del diritto interno, la piena realizzazione dei diritti riconosciuti ".[82]

Normativamente, questo principio è contenuto in due degli strumenti che godono di rango costituzionale nel sistema argentino. Innanzitutto, l'art. 26 della CADH prevede:

Articolo 26. Sviluppo Progressivo: Gli Stati Membri si impegnano ad adottare decisioni, sia internamente che attraverso la cooperazione internazionale, specialmente nel campo economico e tecnico, per raggiungere progressivamente la piena realizzazione dei diritti derivanti dalle norme economiche, social e sull’educazione, la scienza e la cultura, contenuta nella Carta dell'Organizzazione degli Stati Americani, modificata dal Protocollo di Buenos Aires, nella misura delle risorse disponibili, attraverso la legislazione o altri mezzi appropriati

In secondo luogo, l'art. 2.1 del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali afferma:

Articolo 2: 1. Ciascuno degli Stati Parti del presente Patto si impegna ad adottare delle misure, tanto sia individualmente quanto attraverso l'assistenza e la cooperazione internazionali, specialmente economiche e tecniche, fino al massimo delle proprie risorse disponibili per raggiungere progressivamente, con tutti i mezzi appropriati compresa in particolare l'adozione di misure legislative, la piena realizzazione dei diritti qui riconosciuti.

In aggiunta a questo, l'Assemblea Generale dell'Organizzazione degli Stati Americani ha redatto le "Norme per la preparazione di relazioni periodiche previste nell'articolo 19 del Protocollo di San Salvador" en el suo articolo 5.1 procura una nozione di progressività: "ai fini del presente documento, il principio di progressività si intenderà come il criterio di avanzamento graduale nello stabilire le condizione necessarie per garantire l'esercizio di un diritto economico, sociale o culturale”[83].

Per di più, il Comitato del Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, nel suo Commento Generale N. 3 ha determinato il concetto di "progressività effettiva" e ha differenziato le disposizioni del PIDESC rispetto di quelle del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici:

"Il concetto di progressività effettiva costituisce un riconoscimento del fatto che la piena realizzazione di tutti i diritti economici, sociali e culturali in genere non potrà essere realizzato in un breve periodo di tempo. In questo senso l'obbligo differisce significativamente da quella contenuta nell'articolo 2 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, che aggiunge un’obbligazione immediata di rispettare e garantire tutti i diritti relativi. Tuttavia, il fatto che la realizzazione nel tempo, o in altre parole progressivamente, venga previsto in relazione con il Patto non deve fraintendere come privare l'obbligo di tutti i contenuti significativi Da un lato, è necessario un dispositivo di flessibilità, che riflette le realtà del mondo reale e le difficoltà che comporta per ogni paese ad assicurare la piena realizzazione dei diritti economici, sociali e culturali. D'altra parte, la frase deve essere interpretata alla luce dell'obiettivo generale, anzi la ragione d'essere, del Patto, che è di stabilire obblighi chiari per gli Stati Membri per quanto riguarda la piena realizzazione dei diritti in questione. Si impone quindi un obbligo di agire nel modo svelto ed efficacemente possibile, al fine di raggiungere questo obiettivo ... "[84].

D’altronde, l'altra dimensione del principio in analisi si riferisce al lato negativo, che viene cristallizzato attraverso il divieto di ritorno. L'obbligo minimo assunto dallo Stato a questo proposito è l'obbligo di non regressività, cioè, il divieto di adottare delle politiche e delle misure, e quindi di sancire delle norme giuridiche che peggiorino la situazione dei diritti economici, sociali e culturali di cui godeva la popolazione nel momento che è stato adottato il cosiddetto trattato internazionale adottato, oppure in ogni miglioramento "progressivo".[85]

Il Comitato del PIDESC, nell’Osservazione Generale N. 3 già nominata, anche ha fatto riferimento a questo lato della medaglia: "Inoltre, tutte le misure deliberatamente retroattive in questo aspetto, dovrebbero ingiungere la considerazione più attenta e dovrebbero giustificarsi con riferimento a tutti i diritti di cui il Patto ha previsto e nel contesto del pieno utilizzo delle risorse "[86].

Nella sua conseguenza che ogni volta in dietro, di fatto o di regolamento, in materia di protezione dei consumatori deve essere intesa come un danno chiaro del principio stabilito dalla normativa supralegale prima nominata e anche la generazione di responsabilità internazionale dello Stato. Pertanto, siamo convinti che né un nuovo codice nè delle eventuali modifiche alla legge speciale in quanto non possono ignorare le regole o sospendere i livelli raggiunti di assegnazzione delle risorse o delle protezione preesistenti, lasciando solo consentite quelle che hanno l'effetto di innovazione aumentando l’estensione, l’applicabilità e la realizzazione dei diritti.

Per concludere, ritengo che nel contesto giuridico attuale non vi è alcun dubbio che il diritto del consumo viene indicato come uno in più dei diritti umani. Questo è così in tanto condivide il suo carattere di base, ha un carattere protettorio di fronte alla debolezza del consumatore e copre aspetti che vanno al di là della relazione puramente economica. Un rapporto di consumo include degli aspetti specifici della dignità umana, riflette in una serie di diritti umani di consacrazione storica.

In Argentina, questo diritto ha trovato recezione normativa attraverso le leggi speciali, le disposizioni costituzionali e l'apertura verso il nuovo spettro di diritti previsti dagli strumenti internazionali che godono di rango costituzionale dopo la riforma dell’anno 1994. Pertanto, sebbene sia è vero che lo sviluppo del diritto dei consumatori e degli utenti nel campo del Diritto Internazionale dei Diritti Umani si tratta ancora di un diritto primitivo rispetto ad altri, i trattati e le dichiarazioni di cui l'Argentina fa parte ci offrono uno standard minimo che integra e controlla la normativa nazionale. Attraverso il controllo della convenzionalità, è possibile verificare se gli Stati compiono con il loro impegno di rispettare i diritti elencati nei trattati e adottare delle misure interne di qualsiasi tipo per garantire il massimo godimento. Se non se superassequesta prova, la misura in questione non sarà valida per il caso specifico e comprometterà la responsabilità internazionale dello Stato.

Inoltre, quando si analizza la compatibilità del diritto del consumo con gli strumenti internazionali, è fondamentale utilizzare il principio pro homine, quello della progressività e non regressività già analizzati. La propria natura di questo diritto umano di terza generazione impone allo Stato di prevedere l'avanzamento graduale in ordine alla soddisfazione piena ed universale nella sua tutela effettiva, imponendosi lo sviluppo progressivo, nella misura delle sue risorse. Allo stesso modo ed allo stesso tempo, in modo complementari lo Stato ha l’obbligazzione di non fare marcia indietro sui diritti già riconosciuti, attraverso delle politiche o di qualsiasi norma. Una volta che è stato concesso un certo grado di riconoscimento ad un diritto, questo non potrà essere diminuito, neanche se lo Stato denuncia il trattato il cui ha servito come fonte per la loro ricezione. Questo rende l'essenza stessa del diritto dei diritti umani.

Infine, nel caso argentino è possibile osservare una tendenza verso il progresso del riconoscimento e portata del diritto dei consumatori e degli utenti dallo sguardo che predichiamo. Questo perché che la loro consacrazione normativa, è iniziata con una legge specifica, poi coronato con due clausole costituzionali. L'inclusione nel nuovo Codice Civile e Commerciale merita una menzione in quanto lo accoglie in modo autonomo anche se alcune delle sue disposizioni, in particolare meritano ulteriori analisi al di là del soggetto di questo lavoro[87].

Tuttavia, nel bilancio complessivo della giurisprudenza del Supremo Tribunale argentino possiamo dire che in quanto riguarda il controllo di convenzionalità ci resta una questione in sospeso che dovrebbe completare il controllo costituzionale ancora non consolidato in questa materia.

 

 

Notas [arriba] 

[1] Lorenzetti, Ricardo L., "La protezione giuridica dell'ambiente," LL 1997-E, p. 1463.
[2] Benjamin, Antonio, Funcao ambiental, Dano ambiental, Prencao, reparacao e repressso, Revista Dos Tribunais, San Pablo, 1993, p. 60.
[3] Badeni, Gregorio, Trattato di Diritto Costituzionale, v. I, Casa Editrice La Ley, Buenos Aires, 2004, p. 435/436.
[4]L a sua sede si trova a Nairobi, in Kenya .
[5] Il nome viene dato dalla coordinattrice, l'allora primo ministro della Norvegia Gro Harlem Bruntland.
[6] Morello, Augusto - Hitters, Juan Carlos - Berizonce, Roberto Omar, "La difesa degli interessi diffusi" Giurisprudenza Argentina, Buenos Aires, v. 1982-IV, p. 700 e segg.
[7] Mairal Héctor A., "Sulla legittimità e l'ecologia," LL 1984-B, p. 779.
[8] Cfr. Peña Chacón, Mario, in un articolo pubblicato nella Rivista Giuridica Lex diffusione ed 'analisi, anno VII, giugno 2003, numero 96, Edizione Speciale Ottavo Anniversario, Messico e in Rivista Digitale di Diritto Ambientale dell’Istituto di Diritto ed Economia Ambientale, seconda edizione, aprile 2004, Paraguay, www.ide a.org/ rda/.
[9] Quiroga Lavie, Humberto, L’ Amparo Collettivo, Casa Edittrice Rubinzal Culzoni, Buenos Aires, 1998, p. 211.
[10] Sebbene usiamo il termine “diritti fondamentali” lo facciamo per motivi partiche, giacchè secondo noi, crediamo che ci sia una differenza tra questi e i diritti umani. Seguendo Pérez Luño, possiamo intendere i “diritti umani” l’ (… )insieme delle facoltà e dell’istituzioni che in ogni momento storico, concretano l’esigenze della dignità, della libertà e dell’uguaglianza umane, le cui devono essere riconsciute positivamente dagli ordinamenti giuridici a livello nazionale ed internazionale”, e per diritti fondamentali “quelli diritti umani garantizati dall’ordinamento giuridico positivo, la maggior parte dei casi nella sua normativa costituzionale (…). Per tanto, si trata di diritti delimitati nel senso spaziale e temporale, la cui denominazione responde al suo carattere básico del sistema giuridico politico dello Stato di Diritto” PEREZ LUÑO, Antonio, Diritti Umani, Stato di Diritto e Costituzione, 13 edizione, Tecnos, Madrid, Spagna, 1984.
[11] Gil Dominguez, Andres Neocostituzionalismo e Diritti Collettivi Casa Edittrice Ediar, Buenos Aires, 2005, p. 131.
[12] Jimenezcampo Javier, IDiritti Fondamentali. Concetto e garanzia, Casa Edittrice Trotta, Madrid, Spagna, 1999, pag. 24/25.
[13] Guevara Palacios, Augusto M., “Alcuni aspetti dell'ambiente nel diritto costituzionale comparato”, El Dial DC333, p. 3.
[14] Gallopín, Gilberto, Approcci alternativi per la valutazione dell'Impatto Ambientale, Fondazione Bariloche, Dipartamento di Risorse Naturali ed Energia, CIFCA, San Carlos de Bariloche, 1977.
[15] Idem nota 26.
[16] Ferrajoli, Luigi, Diritti e garanzie. La legge del piu debole, Trotta, Madrid, Spagna, 2004, p. 37/38.
[17] Si ricordi che l’argomento abilitato dalla Legge N. 24.309,articolo3º, comma k) era quello della “preservazione dell’ambiente”, da li, l’uso di questo termine.
[18] Toricelli, Maximiliano, “L’idea del costituente sulla protezione ambientale”, El Dial - DC53, p. 3.
[19] Gelli, Maria Angélica. “I nuovi diritti nel paradigma costitucionale di 1994”. LL 1995-C, p.1142.
[20] Da ampliare: “Lo sviluppo umano come mandato costitucionale” Revista RAP – Anno XXXVI N. 432.
[21] Legge N. 25.675, pubblicata nella G.U. 28/11/2002.
[22] Hutchinson, Tomás, “Il danno ambientale collettivo”, LL 23/11/2009, p.1.
[23] Sbdar, Claudia B., “Tutela effettiva dell’ ambiente”, LL 2009-A, p. 1043.
[24] Legge N. 24.051, pubblicata nella G.U. 17/1/1992.
[25] CSJN, Sentenze 329:2316, “Mendoza, Beatriz S. ed altri c/ Stato Nazionale ed altri”, (2006).
[26] STC 227/1998, 29 novembre 1998
[27] Perez Luño, Antonio Enrique. “Art. 45 Ambiente”, AAVV, Commenti alla Costituzione Spagnola dell’ano 1978, v IV Direttore ALZAGA VILLAMIL, O., Casa Edittrice Cortes Generales, Madrid, Spagna 1996, p 250/251
[28] Di Paola, Maria Eugenia – SABSAY, Daniel Alberto, “Il federalismo e la nuova legge generale dell’ambiente” LL 2003-A, p. 1385.
[29] Consideriamo che questa potestà propria del Potere Legislativo per essere una reglamentazione normativa propia di quel ppotere giacchè si tratta il diritto all’ambiente salubre di un diritto fondamentale, come viene definito nel capitolo 1. La necessità di una legge nel senso formale sorge dello standard imposto dall’Opinione Consultiva N. 6 del Tribunale Interamericano di Diritti Umani. Un’opinione in senso più ampio delle “norme” ad essere dettate anche dal Potere Esecutivo, è sostenuta da Sabsay Daniel
[30] VERA Rodrigo. “Legge delle Foreste Native: supera il test di costituzionalità che presenta il federalismo argentino?”,LL, 2008,p.2.
[31] Legge N. 25.675, articolo 6.
[32] Il suo atto costitutivo è stato aggiunto come anesso alla Legge N. 25.675
[33] COFEMA – Consiglio Federale dell’Ambiente, Provvedimento N. 92/2004, articolo 1
[34] Da ampliare: ESAIN, José Alberto, Verso la consolidazzione di un Diritto Ambientale autonomo ed espansivo (Riassunto degli ultimi dieci anni del Diritto Ambientale argentino)” Rivista di Diritto Pubblico 2013-2 “Dieci anni di Diritto Pubblico nell’Argentina – II” Casa Edittrice Rubinzal Culzoni, Santa FE, 2013, p. 437/497.
[35] Bidart Campos, Germán, “L’articolo 41 della Costituzione ed la ripartizione delle competenze tra lo Stato e le province” Dj, 1997-2-711.
[36] In simile senso GELLI, Maria Angelica, “La competenza delle province in materia ambientale”, LL, 1997 E, p. 805.
[37] Sabsay, Daniel, “Il nuovo articolo 41 della Costituzione Nazionale e la ripartizione delle competenze Nazione – province” Dj, 1997-2-783.
[38] Il risaltato non è originale
[39] Legge N. 24.309, articolo 3 “ si abilitano anche per il suo dibattito e la sua risoluzione nella Convenzione Costiuente i punti che si esplicitano e gli articoli che si discriminnano a continuazione: (…) K) Preservazione dell’ambiente . Per l’abilitazione di un articolo nuovoad aggiungere nel capitolo secondo della prima parte della Costituzione Nazionale (…)”.
[40] N. 24.309, pubblicata nella G.U. 31/12/1993
[41] Vedere l’analisi di quella norma in DALLA VIA, Alberto R., Costituzione della Nazione Argentina Commentata, Casa Edittrice Librería Platense, La Plata, Buenos Aires, 1994 e Dalla Via, Alberto R. – GARACIA LEMA, Alberto, Nuovi Diritti e Garanzie, v. I. Casa Edittrice Rubinzal Culzoni, Buenos Aires, 2008.
[42] Nello stesso senso ha aggito la Commisione dei Negozi Costituzionali nella storica Convenzione di Santa Fe dell’anno 1853, composta tra gli altri da Gorostiaga Benjamin e Gutiérrez José María.
[43] Il precedente legislativo di quell’iniziativa si può vedere nel nominato “Codice Bianco”, un’iniziativa parlamentaria dello stesso legislatore, il cui era presidente dell’allora Commissione di Resorse Naturali e Conservazione dell’Ambiente della Camera dei Deputati.
[44] Cfr. "Relazione tra consumo e diritti dei consumatori" di Antonio Juan Rinessi, Astrea Editoriale, Buenos Aires, febbraio 2006, pp. 28.
[45] Una prospettiva interessante dei diritti umani è quello di Carlos Eduardo Tambussi in "Il consumo come diritto umano", Università Editoriale. È anche possibile ingrandire "Valori e Tutela dei consumatori e degli utenti" di Marcelo Alberto López Alfonsin, in "I Valori in Costituzione Argentina"; Coordinatori: Germán J. Bidart Campos e Andrés Gil Dominguez, Ediar editoriale, febbraio 1999, pp. 403
[46] Dalla proposta di legge presentata dal senatore Luis Leon (UCR-Chaco) nel 1986, e dopo successive modifiche alle Camere è stato raggiunto testo definitivo della legge n 24.240, emanato dal Congresso della Nazione 22 settembre 1993.,parzialmente emanato in data 13 ottobre 1993 con il decreto 2089/93; che ha notato una serie di disposizioni, e regolato il 13 ottobre 1994 con il decreto 1789/94. In seguito il principio è stato modificato dal n 24.568, N 24,787 e n 24.999 leggi.L'ultima riforma globale è stata emanata nel 2008 dalla legge n 26.361, oltre alle riforme introdotte nel nuovo Codice civile e commerciale della Nazione sul tema.
[47] Cfr. "Tutela dei consumatori meccanismi costituzionali" di Jorge Alejandro Amaya, Editoriale La Ley, Buenos Aires, febbraio 2004, pp. 83.004, ps. 83.
[48] Cf. Il lavoro svolto dall'autore e Outón Maria Fernanda, pubblicato nella Gazeta Informativa dell'Associazione Argentina di Diritto Costituzionale -. Anno XVII –N. 181 - Maggio 2001.-
[49] Per ingrandire: López Alfonsin Marcelo ed altri, "Tutela costituzionale dei consumatori e degli utenti", Editorial Studio, Buenos Aires, gennaio 2000.
[50] Per ingrandire vedere: Berra, Elisabetta I., "La regolamentazione dei processi collettivi, una questione in sospeso. A propósito del caso "Kersich, J. G. c / Aque bonaerenses S.A.", LL 2015-C, pag. 68.
[51] Sola, Juan Vicente, "Il caso Halabi e la creazione delle" azioni collettive ", LL 2009-B, p. 154; GarciaPulles, Fernando R., "Le sentenzeche dichiarano l'incostituzionalità delle leggi che trasgredono i diritti collettivi. La fine del paradigma dei limiti soggettivi della cosa passata in giudicato? La nascita dei processi di classe? ", LL 2009-B, p. 186; Sabsay, Daniel Alberto, "Il diritto all’intimità e l’azione di classe"," LL 2009-B, p. 401; De la Rua, Fernando e Saravia Frias, Bernardo, "Le azioni di classe: una portata in avanti pretoriana del Supremo Tribunale", LL 2009-C, pag. 247; tra altri.
[52] Premessa 10 del voto delamaggioranza.
[53] Premessa 11 del voto dela maggioranza
[54] Ibídem.
[55] Premessa 13 del voto della maggioranza.
[56] Premessa 12 del voto della maggioranza.
[57] Premessa 13 del voto della maggioranza.
[58] BASTERRA, Marcela I., El proceso constituzionale dell’azione di tutela, Abeledo Perrot, Città Autonoma di Buenos Aires, 2013, p. 113/114.
[59] Premessa 7.
[60] Gelli, María Angélica, “L’azione collettiva per la tutela dei diritti individuali omogenei ed i limiti al potere, nel caso," Halabi "" LL,2009-B, p. 565.
[61] Lopez Alfonsin, Marcelo A. y BERRA, Elisabeth I., “Processi collettivinella Città di Buenos Aires: un soggetto in sospesoe”, Diritto Pubblico Integrale –DPI-, Giornale Ambientale, Ann 1, N. 4, Pubblicato il 26 dicembre 2013.
[62] Gil Domínguez, Andrés, “Validità del caso "Halabi"”, LL 2013-E, p. 589.
[63] Shina, Fernando E., “La sentenza e la legittimazione attiva delle associazioni per essere in azioni di classi”, LL DJ 19/02/2014, p. 9.
[64] Gil Domínguez, Andrés, “Validità della causa "Halabi"”, Op. Cit.
[65] Sbdar, Claudia B., “Tutela effettiva dell’ambiente”, LL 2009-A, p. 1043.
[66] Hitters, Juan Carlos, “Portata della cosa passata in giudicato nei processi collettivi”, LL, 2005-F, p. 751.
[67] Tambussi, C. “I diritti degli utenti e dei consumatori sono diritti umani”, LEX N. 13 - ANNO XII - 2014 – I.
[68] Ferrajoli, Luigi, “Diritti fondamentali”, in Diritti e garanzie. La legge del più debole, Madrid, Trotta, 1999, p. 37.
[69] Prieto Sanchís, L., “Studi sui Diritti Fondamentali”, Madrid, Ed. Dibattito 1990, pag. 91e ss.
[70] Manili, P., “il difficile compito di elaborare un concetto dei Diritti umanoi”, Rivista giuridica della UCES, Ann1 N.. 1, 1999.
[71] Torres Buteler,E., “La protezione del consumatore di fronte ai trattati internazionali di diritti umani”, disponibile in http://revi stas.bibd igital.ucc or.edu.a r/index .php/RF D/artic le/view /739/59 1.
[72] Tambussi,C., “I diritti del consumatore come diritti umani”, in Gordillo, A., Diritti umani, Buenos Aires, Fund. di Diritto Amministrativo, 6 edizione, 2007, cap. VII, pag. VII-2.
[73] Barocelli, S., "Assicurazione, diritto del consumatore e danni punitivi", Rivista di Diritto Commerciale, del Consumatore e della Dita, La Legge, febbraio 2014, pag. 80 y ss., 94.
[74] López Alfonsín, M., “Protezione Costituzionale dei Consumatori e degli Utenti”, Buenos Aires, Casa Edittrice Studio, P. 24.
[75] Nessuno degli strumenti nominati nell’art. 75 comma. 22 si occupa del Diritto dei Consumatori e degli utenti, pero c’è un documento dell’ Organizzazione elle Nazione Unite la cui elenca in modo chiaro quali sono i diritti di questo gruppo. Le Direttrice delle Nazione Unite approvate dall’Assemblea Generale nell’anno 1985 ed ampiate nell’anno 1999sono cei criteri per l’applicazione delle politiche gubernamentali di protezione al consumatore che, sebbene non godino delle gerarchie costituzionale, sono obbligatorie per l’ Argentina.
[76] Torres Buteler,E., “La protezione del consumatore alla luce dei trattati internazionali di diritti umani”, op. Cit.
[77] Corte Interamericana de Diritti Umani, “Controllo di Convenzionalità”, Fascicolo digiurisprudenza della della Corte Interamericana di Diritti UmaniN. 7.
[78] Corte IDH, “Cusa Almonacid Arellano ed altri contro Cile”, Eccezioni Preliminari, Fondo, Riparazioni e Spese, sentenz 26 settembre 2006, parr. 124.
[79] Barocelli, S., “Principi e ambito di applicazione del diritto del consumatorenel nuovo Codice Civile e Commerciale”,DCCedE, febbaio 2015, cita OnlineAR/DOC/412/2015.
[80] Rusconi, D., Manuale di Diritto del Consumatorer, Bs. As., Abeledo Perrot, p. 133.
[81] Courtis, C., Nessun passo indietro. Il divieto di regressività in materia de dirittis sociali, Buenos Aires, Casa Edittrice del Poerto, 2006, pag. 8 e 9.
[82] Pinto, M., “I diritti umani dalla dimensione della povertà”, Relazione presentata nel XXVI Corso Interdisciplinario in DirittiUmani, Istituto Interamericano di DirittiUmani, San José, Costa Rica, 18 al 29 agosto 2008, Revista IIDH, Volume. 48.
[83] Assmblea Generale della OEA, “Norme per l’elaborazione degli informi periodici previstinell’articulo 19 del Protocollo di San Salvador” (Provv. AG/RES. 2074 (XXXV-O/05), art. 5.1.
[84] Comitato DESC, “L’indole delle obligazioni degli Stati Membri (Articolo 11[2] del Patto Internazionalesui Diritti Economici, Socialie Culturali)”, Osservazione GeneraleN. 3/90, parr. 9.
[85] Courtis, C., Nessun passo indietro. Il divieto di regressività in materia de dirittis sociali,op. cit., pág. 9.
[86] Comité DESC, “L’indole delle obligazioni degli Stati Membri (Articolo 11[2] del Patto Internazionalesui Diritti Economici, Socialie Culturali)”, Osservazione GeneraleN. 3/90, parr. 9.
[87] Da ampliare la questione in quanto riguarda il Diritto dell’Ambiente, vedere: “Il Diritto dell’Ambiente nel CCCN” in “Incidenze del Codice Civile e Commerciale – Diritto Pubblico”, Coordinatore: Manili Pablo L., Casa Edittrice Hammurabi, p. 49/76. Buenos Aires, Novembre 2015.